|
Domenica 6 Luglio
2003 |
CENTOMOVIMENTI-News |
Riccardo
Orioles |
Prima
De Gasperi, poi venne Berlusconi |
Della
vecchia Dc si può dire tutto il male che si vuole: camorristi
a Palermo, ladroni a Roma - ma come politica estera, bisogna
lasciarli stare. D'un paese che aveva fatto
sette guerre in un secolo, era riuscita a fare una potenza
pacifica rispettata da tutti. Di una nazione non grandissima,
sconfitta in guerra, famosa per giri di valzer e tradimenti,
uno dei tre pilastri su cui sorgeva l'Europa.
L'Italia non è sempre stata il paese dei
telefonini: c'è stato un momento in cui eravamo una specie
d'Iraq bombardato, con le macerie al nord e la fame nera al
sud. "Italian fascists", ci chiamavano, o - i più benevoli -
"macaronì" o "mandolini". La prima volta che
questa Italia andò all'estero, a un dibattito pubblico
europeo, il nostro rappresentante era un signore occhialuto
alto e magro, abiti decorosi, sorriso raro. Attraversò la sala
- quando toccò a lui prendere la parola - fra sguardi
compassionevoli e sorrisini. "Mr Digaspery of Aitaly!". "So
bene - cominciò - che tutto in questa sala, esclusa la vostra
personale cortesia, ci è contro. Ma noi italiani...". E parlò.
Parlò dell'Italia povera ma coraggiosa, delle guerre subite e
della pace sperata, delle macerie che già - senza aspettare
nessuno - stavamo rimuovendo. Parlava sempre più
piano, epperò ascoltato da tutti, perchè il silenzio era
grande, mentre - per bocca del suo leader - nella sala
passavano le sofferenze e i meriti, gli errori e i doni di
tutto un popolo. Che ritornava adesso a parlare - dopo un buio
di tanti anni - con tutti gli altri: senza più imporre niente
a nessuno, senza più imperi, ma con una sua profonda
civilissima dignità. Infine De Gasperi tacque,
raccolse lentamente le carte e si avviò per uscire: al suo
passaggio, tutti i delegati - americani, francesi, inglesi,
canadesi e tutti gli altri - si alzavano l'un dopo l'altro in
piedi, in segno di rispetto; dietro di lui uscì la piccola
delegazione italiana, composta da democristiani, liberali,
azionisti, socialisti e comunisti. Da quel momento l'Italia
tornò ad essere un paese d'Europa. Insieme - ed alla pari -
con i francesi e i tedeschi fu anzi la prima a dire che
bisognava unire l'Europa. E ora, nel momento in
cui finalmente l'Europa cresce economicamente e fa politica,
fa fronte all'impero impazzito, prepara forze armate comuni -
nel momento in cui, dal punto di vista nazionale, c'era da
raccogliere il frutto di cinquant'anni di semina coerente e
faticosa - ecco che arriva un brianzolo qualunque e strilla:
"Tenetevi la vostra Europa, scemi! Noi vogliamo essere
'mmericani!". Gli altri naturalmente lo guardano con un
sorriso gentile, e si dividono tranquillamente la parte
nostra. Vabbè. D'altronde, non sanno nemmeno se gli abbiamo
mandato una persona onesta o un ladro a rappresentarci fra
loro; abbiamo fatto una legge apposta per abolire ogni
possibilità di saperlo e loro educatamente "Ah sì? Beh, se da
voi si usa così...".
| |
|
|