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Giovedi 10 Luglio 2003 LA STAMPA Lietta TORNABUONI
L’unità non sempre è una virtù
MAGGIORANZA scollata, divisa, disfatta, separata, in contraddizione, in pezzi, dicono tutti, e naturalmente è vero. Ma non sempre l'unità è una virtù, non sempre essere compatti, saldi e monolitici è un vantaggio. Vediamo l'attuale governo di coalizione (ma abbiamo visto in passato i governi di coalizione delle correnti democristiane). E' formato da diversi componenti, ciascuno dei quali ha chiesto e ottenuto dagli altri il consenso ad alcune proprie esigenze politico-sociali.
 
Comincia l'attività (si fa per dire) governativa, passa un anno, ne passa un altro, e delle singole esigenze politico-sociali non si tiene alcun conto. I componenti della coalizione protestano. Gli si risponde con dichiarazioni fumose, promesse vaghe e rinvii. E' naturale che i componenti della coalizione che dispongono di voti determinanti procedano con le minacce, rimproverati dagli altri («questo è ricatto») e ancora una volta ignorati se non a chiacchiere. Allora («son chi sono»)attaccano a votare contro in Parlamento, e su vari emendamenti il governo va in minoranza.
 
E' un comportamento politico classico: il passo successivo è quello già compiuto a suo tempo da Bossi quando fece cadere il primo governo Berlusconi. Gli alleati non sono sempre quei comodi idioti che qualcuno pensa, e non rifletterci può essere rischioso. Ma, da un punto di vista diverso, dissensi e conflitti possono rivelarsi anche molto utili. Un governo più che concorde, solido, stabile, unanime, può andare benissimo, salvo che non sia fascista e a condizione che sia un buon governo. Ma un governo mal guidato, indirizzato agli interessi personali, caotico e parolaio, non può che avvantaggiarsi delle divisioni: l'opposizione esterna non la calcola proprio («tanto non ha i numeri»), però l'opposizione interna e la dialettica delle opinioni e delle linee politiche possono rappresentare un correttivo rispetto a un'obbedienza acritica, silenziosa e sottomessa.
 
Naturalmente, non tutti (anzi) tra gli elettori saranno d'accordo con le posizioni di Alleanza Nazionale o della Lega, non tutti (anzi) desidereranno veder realizzate le loro idee. Ma questo non è molto probabile (almeno nei fatti; a parole, tutto è possibile). Più probabile che gli screzi servano a limitare o se non altro a ritardare le iniziative a cui la gente può guardare con maggiore preoccupazione. Ed è quasi inevitabile che discordie e divergenze risultino paralizzanti. Non è questione di «tanto peggio, tanto meglio».
 
E' che un certo tipo di governo che trascura le necessità dei cittadini per correre dietro ai sogni d'oro e alle manie di grandezza, che una ne pensa e cento ne sbaglia, meno fa e meglio è.

 

 
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