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Venerdi 25 Luglio 2003 LA STAMPA di Silvano RUBINO
IMBARAZZO ALL’AMBASCIATA USA. I PM: E’ UN ABUSO
Castelli blocca la rogatoria sui fondi neri di Mediaset
MILANO. Il ministero della Giustizia blocca l’inchiesta sui diritti cinematografici Mediaset, che vede indagato per frode fiscale e falso in bilancio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ufficialmente lo stop riguarda solo le rogatorie internazionali chieste dai pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale. Ma, di fatto, a fermarsi è tutta l’indagine partita due anni fa (quindi con la scadenza dei termini alle porte), di cui le rogatorie erano le tappe finali.
 
Con poche righe a firma del direttore generale Augusta Iannini, il ministero fa sapere alla procura di Milano di aver ritirato la richiesta di rogatoria già inviata all’ambasciata degli Stati Uniti. Motivo: la nuova legge sull’immunità per le alte cariche dello Stato. «Il signor ministro - si legge nella lettera - ha assunto la decisione di acquisire un parere pro veritate circa l’applicabilità della disciplina della sospensione anche ai procedimenti penali in fase di indagine preliminare».
 
Castelli vuol capire insomma se l’indagine sul presidente del Consiglio possa andare avanti e, nell’attesa, rispedisce al mittente tutti gli atti relativi alle rogatorie. Una motivazione che suscita «stupore» e «sconcerto» in Procura, visto che il testo della legge parla unicamente di «processi penali» e che in più occasioni, durante il dibattito parlamentare, era stato ribadito che la nuova normativa non si sarebbe applicata alle indagini.
 
Nonostante questo, la risposta dei pm milanesi al ministero evita di entrare nel tema immunità. La Procura attacca su un altro fronte: la risposta del ministro è «irricevibile», perché la procedura seguita - scrivono i pm Robledo e De Pasquale - «è in palese violazione della legge». Il ministro, prima inviando alle autorità Usa la rogatoria senza nulla eccepire, poi facendosela restituire e rispedendola al mittente, avrebbe violato l’articolo 727 del codice di procedura penale. Secondo la norma, il ministro ha 30 giorni di tempo per disporre con un decreto «che non si dia corso alla rogatoria, qualora ritenga che possano essere compromessi la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato».
 
Stando a una comunicazione giunta in Procura, la rogatoria era stata inoltrata al Dipartimento della giustizia statunitense tramite ambasciata lo scorso 10 giugno, senza che il ministro facesse alcuna obiezione. Per la procura da quel momento Castelli non aveva più alcun potere di «veto»: la richiesta di restituzione per i pm sarebbe «in aperta violazione dell’articolo 727 e del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale» e costituirebbe «un’indebita interferenza nello svolgimento della funzione giudiziaria». Interferenza che i pm hanno deciso di segnalare immediatamente al Consiglio superiore della magistratura, a cui hanno inviato tutta la corrispondenza sulla questione. E il plico con le rogatorie è ripartito, ancora una volta, alla volta di Roma e del ministero della Giustizia.
 
Il «carteggio» era partito lo scorso 15 maggio, con la richiesta urgente di rogatoria per gli Stati Uniti: i magistrati vogliono sentire alcuni testimoni a Hollywood, per chiarire i contorni dell’acquisto dei diritti di film di majors americane da parte del gruppo Mediaset. Secondo l’accusa il gruppo di Berlusconi, con questa operazione, tramite un giro di società off-shore, avrebbe nascosto al fisco, dal 1994 in poi, fondi neri pari a circa 170 milioni di euro. Il 10 giugno arriva la risposta del ministero: la richiesta è pervenuta ed è stata trasmessa al Dipartimento della giustizia Usa. Qualche settimana dopo i magistrati devono accordarsi con l’ambasciata per gli aspetti organizzativi del viaggio, ma gli incaricati fanno sapere che la pratica è bloccata.
 
C’è un certo imbarazzo nella risposta del funzionario che, alla richiesta di spiegazione dei magistrati, li prega di rivolgersi al ministero per ulteriori informazioni. La richiesta di spiegazioni della procura arriva a stretto giro di posta e la risposta del ministero il 18 luglio scorso. Tra gli atti rispediti ai pm non c’è solo la rogatoria destinata agli Stati Uniti, ma anche una integrazione ad una richiesta rogatoriale già avviata da tempo in Svizzera nell’ambito della stessa inchiesta (che proprio da una rogatoria in Svizzera aveva preso avvio). Risultato: inchiesta completamente ferma.
 
Le reazioni, nel mondo politico, non si fanno attendere. A cominciare dal padre originario della legge sull’immunità, Antonio Maccanico: «Si tratta di un’iniziativa arbitraria perché la legge approvata non autorizza che siano impedite le indagini preliminari». «Lo hanno ribadito più volte su nostra sollecitazione governo e relatore di maggioranza», ricorda Angela Finocchiaro, responsabile giustizia dei Ds. Se il forzista Carlo Taormina dichiara di non condividere la decisione del ministro, per il vicepresidente del Senato leghista, Roberto Calderoli, Castelli, chiedendo il parere pro veritate, ha dato prova di una «prudenza del tutto motivata».

 

 
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