NEPPURE s'era cominciato a
discutere sull'uccisione dei figli di Saddam Hussein da parte dei militari
americani, s'erano appena espressi i dubbi sull'assalto di morte anche sui
giornali americani e francesi, che subito, incalzante, sopravveniva il dibattito
appassionato sulla opportunità o meno di pubblicare o trasmettere le fotografie
dei due cadaveri straziati. Così a un tema serio (perchè ammazzare senza
motivo, perchè proprio gli americani avessero dovuto assumersi il compito di
boia, perchè la morte anzichè un processo regolare, perchè usare i modi della
guerra quando la guerra non c'è), moralmente e politicamente interessante per
tutti, s'è sostituito un tema avvincente soprattutto per politici o operatori
dell'informazione e in fondo relativamente futile (far vedere, non far vedere,
mostrare le immagini a grandezza normale oppure ridotte a francobollo). Come se
il fatto grave e crudele non fosse la privazione della vita, ma l'uso delle
immagini dei morti.
Si discuteva da un bel pezzo
(specialmente negli Stati Uniti e in Inghilterra, mentre nell'Italia abituata
alle bugie l'argomento pareva non catturare troppo l'attenzione) sul fatto che
armi di distruzione di massa in Iraq non se ne trovano, che Bush e Blair hanno
mentito ai rispettivi popoli e Parlamenti e alla comunità internazionale sui
motivi per cui la guerra è stata iniziata e combattuta, che i rapporti
presentati dai rispettivi servizi di spionaggio sono stati da loro ignorati o
alterati ai propri scopi. Ma ecco, incalzante, sopravvenire la morte del
professor Kelly (informatore della rete televisiva BBC sull'assenza di armi di
distruzione di massa in Iraq), ecco le discussioni e i dubbi: tradimento,
suicidio, omicidio? Così un tema molto serio (la credibilità dei due capi di
Stato, perchè se ogni guerra o quasi viene dichiarata per motivi pretestuosi,
l'ostinazione nel mentire è un'altra faccenda), viene sostituito da un dilemma
che ogni lettore dei romanzi di Le Carré crede di far presto a risolvere:
giacchè nella storia dell'umanità non si conosce alcuno che per uccidersi si
sia tagliato le vene di un unico polso.
E' quella che si chiama la
tecnica del diversivo: se proprio non riusciamo ad evitare che si parli d'una
certa cosa, introduciamone un'altra che distolga l'attenzione e induca a
cambiare argomento. Niente complotti, la tecnica del diversivo è ormai tanto
automatica e introiettata che viene applicata meccanicamente: se le cose vanno
storte, «parliamo d'altro», come si diceva in passato. |