ROMA - Un editoriale di una
pagina e mezzo e un dossier che racchiude 28 domande. Eccolo l'affondo
dell'Economist a Silvio Berlusconi. Una stoccata, firmata dal direttore del
settimanale Bill Emmot, che dipinge così Berlusconi. "Si tratta di un
ricco uomo d'affari che usa il suo potere politico per favorire le proprie
attività imprenditoriali, sia bloccando le indagini giudiziarie sul suo conto
sia emanando nuove leggi e norme nel proprio interesse. Per il settimanale,
Berlusconi "rappresenta un oltraggio al popolo italiano e al suo sistema
giudiziario e un caso estremo di abuso da parte di un capitalista della
democrazia all'interno della quale vive ed opera. Ben lungi dall'essere, come
sostiene, l'uomo che sta creando una nuova Italia, egli è un eccellente
rappresentante e perpetuatore del peggio della vecchia Italia".
Un'editoriale che è solo l'antipasto delle 28 domande che il settimanale
rivolge al premier, centrate sulle questioni irrisolte delle sue vicende
giudiziarie.
Il settimanale, ricorda il
recente iter giudiziario del presidente del consiglio, la legge sulle rogatorie,
la condanna di Cesare Previti, la legge che concede al primo ministro e alle
alte cariche dello Stato l'immunità per il periodo di permanenza in carica, il
blocco delle rogatorie del ministro dela giustizia Roberto Castelli. Una raffica
di accuse alle quali, scrive l'Economist, deve essere data una risposta. In
primis all'opinione pubblica. Da questo nasce l'idea del dossier del settimale
inglese. Risposte, dunque. Le chiede l'Economist e, dice il settimanale inglese,
"sono dovute all'opinione pubblica".
E si arriva così al cuore
dell'intero ragionamento del settimanale inglese. Il processo Sme, che
"riguarda il tentativo riuscito di Berlusconi di bloccare nel 1985 la
vendita della Sme a Carlo De Benedetti, nonostante fosse già stato firmato il
contratto". L'Economist la vede così: "Al di là delle accuse su ciò
che venne fatto, forse l'aspetto più interessante della vicenda Sme è che né
Berlusconi né la sua impresa beneficiarono direttamente del blocco della
vendita. Non comprarono la società al posto di De Benedetti , né l'hanno fatto
finora. Eppure fecero di tutto per impedire a quest'ultimo di acquistarla".
A che scopo? "Per
ammissione dello stesso Berlusconi fu perché glielo aveva chiesto l'allora
primo ministro, Bettino Craxi. I motivi erano allora ideologici? No, il defunto
Craxi era segretario del partito socialista e da fautore, quale si proclama, del
libero mercato, Berlusconi dovrebbe essere favorevole alle privatizzazioni. La
ragione vera è che Craxi aveva promulgato un decreto che consentiva alle
televisioni di Berlusconi di costruire le reti nazionali che oggi gli danno il
monopolio quasi totale delle trasmissioni commerciali. Un altro processo,
conclusosi nel 2000, rilevò che negli anni '91-'92 le compagnie di Berlusconi
avevano effettuato elargizioni illecite su conti correnti controllati da Craxi
per 23 miliardi di lire. In altre parole per Berlusconi la politica è stata uno
strumento per garantirsi il successo in affari".
Chiede risposte l'Economist.
Ma, nel silenzio del premier, l'unica cosa che arriva è la voce dell'ufficio
legale della Fininvest che annuncia "un esito giudiziario". |