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Venerdì 1 Agosto 2003 REPUBBLICA on-line     
L'editoriale dell'Economist

"Le nostre domande a Berlusconi"

ROMA - Un editoriale di una pagina e mezzo e un dossier che racchiude 28 domande. Eccolo l'affondo dell'Economist a Silvio Berlusconi. Una stoccata, firmata dal direttore del settimanale Bill Emmot, che dipinge così Berlusconi. "Si tratta di un ricco uomo d'affari che usa il suo potere politico per favorire le proprie attività imprenditoriali, sia bloccando le indagini giudiziarie sul suo conto sia emanando nuove leggi e norme nel proprio interesse. Per il settimanale, Berlusconi "rappresenta un oltraggio al popolo italiano e al suo sistema giudiziario e un caso estremo di abuso da parte di un capitalista della democrazia all'interno della quale vive ed opera. Ben lungi dall'essere, come sostiene, l'uomo che sta creando una nuova Italia, egli è un eccellente rappresentante e perpetuatore del peggio della vecchia Italia". Un'editoriale che è solo l'antipasto delle 28 domande che il settimanale rivolge al premier, centrate sulle questioni irrisolte delle sue vicende giudiziarie.

Il settimanale, ricorda il recente iter giudiziario del presidente del consiglio, la legge sulle rogatorie, la condanna di Cesare Previti, la legge che concede al primo ministro e alle alte cariche dello Stato l'immunità per il periodo di permanenza in carica, il blocco delle rogatorie del ministro dela giustizia Roberto Castelli. Una raffica di accuse alle quali, scrive l'Economist, deve essere data una risposta. In primis all'opinione pubblica. Da questo nasce l'idea del dossier del settimale inglese. Risposte, dunque. Le chiede l'Economist e, dice il settimanale inglese, "sono dovute all'opinione pubblica".

E si arriva così al cuore dell'intero ragionamento del settimanale inglese. Il processo Sme, che "riguarda il tentativo riuscito di Berlusconi di bloccare nel 1985 la vendita della Sme a Carlo De Benedetti, nonostante fosse già stato firmato il contratto". L'Economist la vede così: "Al di là delle accuse su ciò che venne fatto, forse l'aspetto più interessante della vicenda Sme è che né Berlusconi né la sua impresa beneficiarono direttamente del blocco della vendita. Non comprarono la società al posto di De Benedetti , né l'hanno fatto finora. Eppure fecero di tutto per impedire a quest'ultimo di acquistarla".

A che scopo? "Per ammissione dello stesso Berlusconi fu perché glielo aveva chiesto l'allora primo ministro, Bettino Craxi. I motivi erano allora ideologici? No, il defunto Craxi era segretario del partito socialista e da fautore, quale si proclama, del libero mercato, Berlusconi dovrebbe essere favorevole alle privatizzazioni. La ragione vera è che Craxi aveva promulgato un decreto che consentiva alle televisioni di Berlusconi di costruire le reti nazionali che oggi gli danno il monopolio quasi totale delle trasmissioni commerciali. Un altro processo, conclusosi nel 2000, rilevò che negli anni '91-'92 le compagnie di Berlusconi avevano effettuato elargizioni illecite su conti correnti controllati da Craxi per 23 miliardi di lire. In altre parole per Berlusconi la politica è stata uno strumento per garantirsi il successo in affari".

Chiede risposte l'Economist. Ma, nel silenzio del premier, l'unica cosa che arriva è la voce dell'ufficio legale della Fininvest che annuncia "un esito giudiziario".


 

 
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