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Venerd' 8 Agosto  2003 CENTOMOVIMENTI-NEWS Massimo DEL PAPA
La madre di tutte le vergogne

I giudici della Quarta sezione del Tribunale di Milano pur nel giusto sconcerto per lo strazio della giustizia cui hanno dedicato la vita, ci vanno leggeri, definiscono la madre di tutte le rapine "la più gigantesca corruzione dell’Italia repubblicana"; ma in quella monarchica non era neppure pensabile fottersi l’equivalente di mille miliardi di lire in una bòtta sola, oltretutto un singolo episodio nel rapporto di sistematico noleggio di giudici, a libro paga per innumerevoli sentenze da aggiustare, da truccare. Insomma quella di Previti, che agiva nell’interesse Fininvest, e degli avvocati e dei giudici mantenuti è secondo la Corte la più grande ruberia nella pur atroce storia della corruzione nazionale dai tempi di porta Pia. Non un processo al braccio destro di Berlusconi, precisano i giudici, ma un "processo ad alcuni magistrati e ai loro inconfessabili rapporti con un gruppo d’avvocati d’affari, al punto di poter parlare di degrado della giustizia che da cieca fu trasformata in privata". Almeno abbiamo capito in cosa consistevano certe smanie liberiste, basate sulle privatizzazioni che riempiono la bocca, le cartelline coi programmi dei partiti e soprattutto le saccocce: "A Renà te stai a scordà questi", una paccata di banconote consegnate e prese senza imbarazzo, è la scena sublime che da sola basta a illustrare la pagina più sordida dell’Italia non solo repubblicana.

Un unicum, quello del supermercato dei giudici, studiato con incredula attenzione dagli innumerevoli esteri che ci osservano. La cosa che più sconcerta, che riesce più difficile da accettare oltreconfine è che i responsabili morali e materiali dell’abisso corruttivo, della madre di tutte le rapine coincidono con le più alte cariche pubbliche sono cioè quelli che comandano, che mandano avanti, per così dire, il Paese. E che lo rappresentano in Europa, nel mondo. Non in galera ma al governo, in parlamento. Le parole del presidente Carfì e dei giudici a latere Consolandi e Balzarotti non possono, pur nell’asetticità del ruolo, sottrarsi dal mettere in evidenza la pochezza morale di tutti gli imputati così come non risparmiano all’imputato di pietra, il presunto "privato corruttore" già prescritto alcuni pesanti rilievi sulla sua condotta processuale, tutta tesa a sfuggire, a eludere, ad annunciare deposizioni puntualmente smentite dalla "facoltà di non rispondere".

Se erano questi i metodi per mettere in piedi un impero (e una parte non piccola, anzi fondamentale dell’impero si assume oggi essere stata conquistata con quelle sentenze invalide, vergate da quei giudici marci di corruzione), allora sbiadisce anche la favola bella del "grande impreditore" millantata da destra e, purtroppo, spesso anche da sinistra. E’ troppo facile "vincere sempre", come si vanta il cavaliere, quando gli arbitri, che lui sapesse o meno, sono sponsorizzati dalla sua squadra. E non parliamo neppure del "flusso illimitato di denaro liquido oltre ogni merito creditizio" di cui si stupiva la presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, Tina Anselmi, delle finanziarie coperte, delle banche piduiste che alimentavano il nascente impero Fininvest, della superpotenza mediatica cresciuta nel buco nero della legge, nell’impotente disperazione della Corte Costituzionale, nella colpevole distrazione quinquennale del centrosinistra al governo.

Un mercato delle vacche nauseante quello descritto nelle circa mille pagine di motivazioni, del tutto privato, che di politico non ha nulla salvo la decisione di scendere in politica per difendersi dal corso della giustizia, dalle sentenze che prima o dopo arrivano. Chissà se l’onorevole Previti vi attingerà per arricchire il suo sito internet intitolato, socraticamente, "la verità".

Pazzesco, semplicemente folle scomodare i complotti ideologici, comunisti per faccende di una bassezza quasi incredibile, da cosca degli affari, una lista di magistrati, di servitori dello Stato sul libro paga di un avvocato privato rappresentante di un gruppo industriale. Come è possibile che i responsabili di una simile "gigantissima" devastazione della Repubblica e della giustizia continuino a guidare, a incarnare la Repubblica e, per interposto guardabirilli, la giustizia? Cosa ci trattiene, cosa trattiene le opposizioni dal chiedere subito, qui ed ora, il ritiro, la cacciata di personaggi che nella più benevola delle ipotesi usurpano le poltrone della democrazia dopo averla saccheggiata e violata? Non hanno nulla da dire i loro stessi alleati, che da politici, da figure pubbliche dovrebbero tenere anzitutto al proprio decoro, alla loro personale dignità e integrità? Come possono decentemente continuare a difenderli, a fidarsene, a votarli quanti li hanno mandati a gestire, a impersonare le istituzioni?

L’altra considerazione quasi imposta dalle motivazioni della sentenza Imi-Sir/Lodo Mondadori, scatta là dove il collegio sottolinea la condotta ostruzionistica della difesa, tesa unicamente a ostacolare il processo, quanto basta a far piazza pulita delle risibili giustificazioni degli avvocati previtiani che hanno ancora il coraggio di lamentare la violazione dei diritti di difesa dei quali hanno impunemente abusato per otto anni. Scrive addirittura il Tribunale che con il loro paralizzare oltre ogni decenza i processi, i difensori di Previti & c. hanno dato modo al collegio di scoprire ulteriori prove sfavorevoli agli imputati, sfuggite persino ai pubblici ministeri. La Nemesi procedurale, i furbissimi prede delle proprie astuzie, del loro infinito cavillare.

Ma le parole del presidente Carfì e dei colleghi a latere restituiscono, se mai ce ne fosse stato bisogno, anche piena dignità ai pm Boccassini e Colombo certificando l’assoluta correttezza del loro operato e la giustezza delle tesi accusatorie, facendo anche, implicitamente, giustizia di otto anni di rappresaglie mediatiche e giudiziarie dai sicofanti dell’imputato di pietra di questi processi.

Insomma ce ne sarebbe abbastanza, in un Paese non diciamo normale ma appena umano, per convincere i condannati, i prescritti che forse li mandavano, i corruttori, i corrotti, chi li difende e chi li vota, i kamikaze, i sicofanti, i megafoni, i pennivenduti e gli intellettuali a tassametro ad andarsi a nascondere, a sparire per sempre. Invece restano e si agitano tutti insieme, eruttano le immancabili ritorsioni come l’incredibile minaccia di una commissione d’inchiesta per incriminare la magistratura "che forse incarna un disegno criminale di matrice comunista", come subito ha vomitato il portaparola Bondi e questa è davvero la Madre di tutte le vergogne, roba che a sentire da quali bocche esce e in relazione a quali vicende dovrebbe indurre al riso se non provocasse nausea. Questa è gente che quando un giudice assolve o prescrive non manca mai di ammonire che "le sentenze si rispettano non si commentano". Se però le motivazioni non soddisfano, se sono mortificanti come in questo caso, allora si contestano, non si accettano, si lavora di fantasia, si inscenano complotti politici, si minaccia, si polemizza.

Ma che cazzo volete ancora polemizzare?


 

 
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