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L'ESPRESSO - 4 Gen 2001
L'ANNO DECISIVO DI SIVIO BERLUSCONI
di GIAMPAOLO PANSA

LEADER AL BIVIO - 2001 odissea nel Berlusca
 
Per il Cavaliere saranno mesi cruciali. Potrebbe vincere le elezioni. Ma potrebbe pure andargli male. E abbandonare il campo. Sarà comunque il protagonista di una corsa massacrante. Che affronterà con un'alleata virtuale: la convinzione assoluta di farcela. Quella che sta cercando Rutelli.
 
Possiamo rifarci a un grande film di Stanley Kubrick? Allora diremo: 2001, odissea per il Berlusca. Difatti, l'anno che si apre sarà cruciale per l'avvenire del capo di Forza Italia. O adesso o mai più. O conquista

il potere quando a primavera verrà il bello. Oppure dovrà metterci una croce sopra, per sempre. E ritirarsi nei giardini reali di Arcore. Ma la vittoria non gli sarà facile facile, nonostante i pronostici sfolgoranti e i sondaggi che segnalano un drammatico cappotto per l'Ulivo.
Così è realistico aggiungere che, per Silvio Berlusconi, il 2001 sarà anche un anno durissimo a causa dell'impegno che dovrà profondere nella battaglia. E per il di-spendio fisico che lo scontro gli imporrà.

Riflettevo proprio su quest'ultimo lato del problema qualche sera fa, quando ho avuto sott'occhio il leader polista per un paio d'ore, al "Porta a porta" di Rai Uno. Ci riflettevo senza animosità, anzi con quella curiosità cordiale che di solito scatta fra due coetanei intenti a osservarsi e a confrontarsi. Il Berlusca e io siamo attestati su di un'età delicata, i 65 anni: il sottoscritto li ha compiuti da poco, lui li compirà alla fine di settembre. Siamo già anziani?
Possiamo dirci ancora nella maturità, ma lontani dalla vecchiaia? Ci è consentito di dedicarci al lavoro che ci aspetta con le stesse energie di qualche tempo fa?

Non ho mai creduto alla favola che Berlusconi sia ammalato. E gli auguro di essere vitale per molti anni. Ma la sera del 18 dicembre mi è sembrato assai lontano dall'epoca della calza di seta sulla telecamera. L'ho visto invecchiato, tirato, le occhiaie gonfie, gli occhi come due fessure non di rado spente, la gola spartita in corde nervose, e infine di un pallore che nessuno strato di fard poteva annullare.
Scrutava gli interlocutori con aria accigliata, sospettosa, come impaurito dall'eventualità di qualche pugnalata a sorpresa. S'impaperava, dicendo miliardi al posto di milioni. O sfornando pasticci linguistici del tipo: Bertinotti vuol «far rigovernare il comunismo in Italia». Anche il distintivo forzista all'occhiello era di molto ridotto rispetto al pataccone d'un tempo. E assai meno lucente.

Eppure, questo Berlusca grigiastro, e come sfibrato dall'eterna attesa del voto e della vittoria, ha subito sfoderato alcune certezze che gli avversari dell'Ulivo dovranno tenere in conto. La prima è la convinzione di vincere, anzi di avere già vinto. E con un margine debordante: 127 deputati in più alla Camera e 63 senatori in più a palazzo Madama. Ha giurato: la sinistra, oggi, è sotto di 15 punti rispetto alla Casa delle libertà. E Francesco Rutelli, come leader dell'Ulivo, ha la metà dei consensi che innalzano lui, il dio Berlusca, nel cielo del trionfo.

Ecco perché l'odissea nell'Italia elettorale non spaventa Berlusconi. E a sentir lui si concluderà, come quella di Ulisse, con la sconfitta dei Proci di Cicciobello: i principi non di Itaca, ma dell'Ulivo, che pretendono d'impalmare l'Italia e finiranno tutti uccisi, solo dalla scheda, s'intende.

Propaganda? Certo, anche propaganda. I sondaggi sbandierati da Berlusconi costano meno dei maxi-manifesti e dei tabelloni alti come palazzi. E hanno un'efficacia ben più subdola perché vanno incontro (ecco la stranezza numero uno di questa campagna) a una convinzione che sta ben celata, ma che è forte, quasi prepotente, nell'animo di molti vip dell'Ulivo. È la convinzione di aver già perso la guerra, quel male oscuro che conosciamo e abbiamo chiamato, da tempo, con una parola fetida: lo sconfittismo. Rutelli offre sondaggi più rosei, ma non c'è verso di sconfiggere gli sconfittisti. Il Berlusca lo sa. E ogni volta affonda il ferro delle previsioni nella piaga. Tanto da far apparire invincibile il ferro. E incurabile la piaga.

L'altra certezza che il capo polista mostra di avere è di durare a lungo sul trono della vittoria. Quanto?Una legislatura piena, cinque anni? Macché, di più: dieci anni, forse 15. Chissà come vede se stesso a 75 anni, e persino a 80, alla guida di un Italia che lui avrà già cambiato a propria immagine e somiglianza. Sotto le luci di "Porta a porta", Berlusconi si guarda bene dal dirlo. Ma il programma che illustra è in gran parte tarato su uno sfondo decennale. Certo, prospetta anche dei blitz, per i primi 100 giorni di governo. Ma la rivoluzione vera è annunciata su tempi lunghi. Come il cambiamento della Costituzione e la nascita di un regime basato su un capo dello Stato che sarà anche il capo del governo, eletto direttamente dal popolo.

È a questa repubblica presidenziale, con la metà dei parlamentari di oggi e un cicinino di belletto federalista, che Berlusconi affida un enorme programma di opere pubbliche. Destinate, giura lui, a diffondere ricchezza. E a fare della disgraziata Italia, sottratta appena in tempo ai comunisti, un paese degno di restare in Europa. Per illustrarlo, sempre la sera del 18 dicembre, il Berlusca ha offerto a chi lo guardava uno spettacolo mai visto: lui, il Candidato Già Vittorioso, armato di pennarello blu, a vergare su infiniti tabelloni le infinite meraviglie del paradiso infrastrutturale che verrà regalato agli italiani dal suo regime.

Autostrade, bretelle, pedemontane, pedecollinari, varianti di valico, snodi, ferrovie, direttissime, alte e medie velocità, trafori alpini e tunnel appenninici, autostrade del mare, porti marini e fluviali, metropolitane a spiovere, rinnovo dei bacini, riassetto idrogeologico per qualsiasi corso d'acqua, reti idriche nuove e dovunque, al fine di dar da bere a tutti gli assetati dello stivale. Ogni tratto di pennarello blu, su scritte a matita astutamente predisposte dai suoi esperti, sotto la travolgente mimica berlusconiana si tramutava, d'incanto, in un pezzo di paradiso bell'e pronto. In cima al quale stava, svettante e come già costruito, il colosso del ponte sullo Stretto di Messina.

Una trovata surreale, questa dell'Italia rifatta sui cartelloni e a colpi di pennarello. Altro che calza di seta sulla telecamera, annata 1994! Lo spettacolo era ben più stupefacente. E degno di un'odissea affrontata con i poteri di un Mago Merlino del 2000.
Lo stesso Bruno Vespa, con un ghignetto da doroteo cinico, si è sporto a chiedere: «Ma quanti secoli ci vogliono, presidente, per fare tutta 'sta roba?». E mago Berlusca, fervoroso: «Secoli? Ci vogliono solo dieci anni. Ma alcune opere posso terminarle in una legislatura».

Ben più lunga sarà la strada per la riduzione delle imposte. Ricordate il manifesto "Meno tasse per tutti"? Qui è cascato l'asino. Nel senso che le imprese se le vedranno scendere al 33 per cento in 24 mesi. Ma la maledetta Irpef per gli italiani qualunque, ahimè!, quella dovrà aspettare. Che cosa? Che l'economia migliori. Che il prodotto interno lordo cresca. Che il cavallo imprenditoriale beva, mangi e sforni ricchezza. Soltanto dopo, i Pantaloni d'Italia avranno quel che mago Berlusca gli ha promesso. Garantito al limone, guai ad avere dubbi. Giura il mago: «La prima fase del mio governo sarà un anno mirabilis! Non temete nessuna parentesi grigia. Tra gli imprenditori esploderà un grande entusiasmo. Lo sviluppo ci sarà subito. E anche le vostre imposte scenderanno».

È sempre terreo, il Berlusca. E a mezzanotte passata le occhiaie sembrano globi di pelle flaccida. Ma la certezza in un futuro di splendori divampa come un grande rogo nell'oscurità. Il messaggio agli elettori è di una linearità sovrumana: «Dovete aver fiducia in me. Mi circonderò di uomini che hanno lavorato nella trincea del privato, non di politicanti. E poi io ho sempre realizzato tutti i progetti che mi sono dato. Gli altri ridevano di me, ma io non ho mai fallito. Colpendo sempre il traguardo che mi ero proposto».

Può farcela Rutelli contro questo Mago Merlino? Sino a trasformare il 2001 nell'anno dell'Ulivo bis? Sì, penso che sia ancora possibile. Ma la condizione è di cambiare passo. E mettere in campo armi che ancora non si vedono: grinta lucida, ardore intelligente, passione trascinante, convinzione entusiasta. E anche un po' più di faccia tosta.
Come diceva il vecchio Sandro Pertini? «In politica, a brigante un brigante e mezzo». Consiglio saggio, da non trascurare mai.

 
 

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