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L'ESPRESSO - 26 Feb 2001
La caserma del Cavaliere Ringhiante -
di GIAMPAOLO PANSA

Alla convention napoletana del partito vassallo di An, Berlusconi ha gettato la maschera. Vuole passare alla storia. Vuole cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza. Vuole impedire a Rutelli di sedere alla Camera. Tutti progetti da leader autoritario. Basta a convincere gli ulivisti che non vogliono votare?
 
«Una calma forza tranquilla». Fu questo uno degli slogan più fortunati di François Mitterand durante una corsa elettorale per la presidenza della repubblica francese. Se il mondo girasse per il verso giusto, dovrebbe essere anche lo slogan di Silvio Berlusconi per il voto di primavera.
 
Ha tutto quel che gli serve per coronare il suo sogno di entrare nella storia. Possiede una montagna di miliardi da spendere nella propaganda. Si giova dell’appoggio di un arsenale mediatico, tutto suo, come nessun altro al mondo.
 
Ha raccolto, attorno a sé, dice lui, il meglio del meglio della nazione italica che lo assisterà nella rivoluzione destinata a rivoltare lo Stivale come un calzino. Garantisce di avere un vantaggio di ben 15 punti su quei derelitti dell’Ulivo. Ha persino una madre novantenne ancora tanto grintosa da dare del “cretino” al suo avversario, Francesco Rutelli.
 
Che cosa ci vuole di più per starsene tranquilli e calmi, fiduciosi della propria forza, e attendere che le ciliege di maggio caschino dall’albero?
 
Eppure no. Berlusconi sembra vivere sui carboni ardenti quest’ultima rata di campagna elettorale. E siccome il carbone brucia i calcagni anche ai super-miliardari, strilla, urla, s’incavola, s’infuria, straparla, stragrida. Ma così facendo rivela quel che ha in mente e che qualunque saggio consigliere gli suggerirebbe di non dire.
 
E soprattutto si mostra per ciò che è, per l’uomo che noi ragazzacci di via Po abbiamo sempre descritto sull’”Espresso”: un rozzo, un arrogante, uno che non conosce nemmeno l’abc del liberalismo, un autoritario. Dunque, una figura inquietante, potenzialmente pericolosa. Del genere di quelli (ci sono, accanto lui) abituati a ringhiare: «Non faremo prigionieri!», oppure, che è lo stesso: «Faremo piazza pulita».
 
Questo Berlusconi da guerra lo si è visto bene a Napoli, alla convention di quel partito vassallo che ormai è l’An di Gianfranco Fini. Lì il Cavaliere Ringhiante ci ha spiegato che Rutelli lui non lo farà entrare alla Camera. Perché la giunta per le elezioni, un organismo di Montecitorio che Berlusconi vede già ai suoi ordini totali, lo riterrà ineleggibile. Il tutto condito da offese che, purtroppo, non verrà chiamato a lavare in un duello. L’ultima l’ha sputata in faccia a Rutelli, a Bilbao, domenica 25 febbraio: «Fatevi raccontare quanto è veloce nel cambiare idea. Da uno così ci si può aspettare di tutto, persino che passi con noi...».
 
Ma il proposito più minaccioso il Cavaliere Ringhiante lo ha rivelato a proposito della Costituzione. Ha detto con il solito tono piazzaiolo: la cambieremo anche nella prima parte, quella che riguarda i diritti e i doveri dei cittadini (Berlusconi, non a caso, ha detto “i diritti” e basta). E lo faremo a colpi di maggioranza, in base alla procedura prevista dall’articolo 138.
 
Il quale (lo cito io) dice che leggi di revisione della Costituzione sono approvate «a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera». E se il centro-sinistra vorrà ricorrere al referendum popolare, ha aggiunto il Cavaliere «vedremo con chi starà il popolo».
 
Ammetto che questo Berlusconi di Napoli mi ha inquietato molto. Lo contrasto con le mie freccette di carta da un quarto di secolo (sì, dal 1976!) e penso di conoscerlo bene in tutte le sue nequizie. Ma a Napoli ho avvertito in lui un timbro diverso.
 
Quella sua confessione sul destino che si è dato («Ho l’ambizione di concludere la mia avventura umana lasciando un piccolo segno nella storia di questo Paese») mi ha fatto gelare il sangue. I politici che hanno preteso di dare la propria impronta alla storia hanno sempre combinato dei disastri. E si sono rivelati gente pericolosa, cattiva, capace di ogni nefandezza.
 
Naturalmente, mi auguro che Berlusconi non sia così. Ma, se a sospettare si fa peccato, però non si sbaglia quasi mai. Dunque, meglio sospettare. E dire a qualche nostro amico assenteista elettorale: ti vuoi convincere, adesso, che è meglio votare? E non per la Caserma della Libertà, naturalmente?

 
 

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