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   CORRIERE DELLA SERA - 27 Mar 2001
SE BERLUSCONI STRAPAZZA L'OPINIONE "MODERATA"

di STEFANO FOLLI

Da qualche tempo si avvertono strani scricchiolii nella "macchina da guerra" della Casa delle Libertà. Il poco comprensibile e subito revocato Aventino anti-Rai, l’improvvisa vocazione censoria (insperata arma concessa ai rutelliani), l’attacco alla Corte Costituzionale, la polemica contro Montanelli... tasselli di un mosaico non del tutto decifrabile. Che cosa accade nell’accampamento di Silvio Berlusconi?
 
Il leader aveva predisposto da mesi la sua campagna secondo uno schema preciso: presentare se stesso come il campione dell’Italia moderata, in antitesi al "sinistra-centro" a maggioranza diessina che ha governato la legislatura. E le cifre del consenso elettorale di Forza Italia, dal voto europeo a quello regionale, davano ragione al suo disegno. Tanto più che l’adesione al Partito popolare europeo, il triangolo con Kohl e Aznar, era un colpo d’ala strategico destinato a tramortire la sinistra e a prosciugare l’acqua ai "centristi" ancora alleati con la Quercia.
Berlusconi il Moderato era un’immagine vincente, capace di spiazzare il fronte avversario. Così è stato per circa due anni, coincidenti con la massima ascesa nei sondaggi di Forza Italia, anzi del Polo nel suo complesso, e la simmetrica caduta dei partiti ulivisti.
 
Di fronte a questa realtà la risposta di Rutelli e dei suoi alleati era senz’altro debole. Per tamponare l’avanzata del Moderato, si è tentato di presentarlo a rimorchio di Bossi. O di Fini. Ma il capo leghista, dopo qualche intemperanza iniziale, si è calmato, limitandosi alla sua parte in copione. Ieri il candidato dell’Ulivo ha ripreso il tema ("Bossi è peggio di Haider") nell’intento di provocare una reazione scomposta, ma senza grande successo. Quanto a Fini, nessuno è mai riuscito a fargli indossare i panni dell’estremista.
 
Quando poi Berlusconi, qualche settimana fa, è andato in tv a parlare delle cose che avrebbe fatto a Palazzo Chigi, di quanti ponti e strade avrebbe costruito, sembrava aver acquisito un vantaggio decisivo. Il super-moderato iscritto al Ppe era anche capace di suscitare interesse intorno a un programma di opere pubbliche o di riduzione fiscale.
 
Poi qualcosa si è incrinato. Alcuni sondaggi hanno cominciato a segnalare che la forbice tra Casa delle Libertà e Ulivo si va stringendo . E la percentuale degli indecisi resta molto alta, oltre il 30 per cento: segno che il messaggio politico, anche quello di Berlusconi, non arriva a destinazione.
 
Fatto singolare, proprio il leader del Polo sta appannando l’immagine moderata costruita con tanta pazienza. Non tutti capiscono il senso delle ultime uscite. L’offensiva a freddo contro la Corte Costituzionale ha creato sconcerto anche tra chi ritiene che una riforma dell’organo sia indispensabile con il nuovo assetto federale dello Stato.
Sulla Rai si è data l’idea di un certo affanno misto a furore, come se le "provocazioni" subìte avessero messo a dura prova i nervi del leader. Ma una campagna elettorale è fatta anche di colpi bassi, nonché di nervi saldi. Così il "comitatino dei garanti" sul rispetto della par condicio è sembrato più il pretesto per un rapido rientro dall’Aventino che un autentico successo polista.
 
Infine c’è stato l’urto frontale con Montanelli, che non è solo il più celebre giornalista italiano, ma un’icona dell’Italia moderata. Sfortuna ha voluto che le polemiche berlusconiane coincidessero con l’episodio gravissimo della lettera di minaccia fatta recapitare a Montanelli. Per Berlusconi la vicenda si conclude con un bilancio negativo. E qualcuno si chiede che motivo ci sia di strapazzare l’opinione moderata da cui dipende non solo la vittoria elettorale del Polo, ma soprattutto il successo del futuro governo.

 
 

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