Corriere della sera del 10-05-2000

Ribaltata in appello la sentenza sulle presunte tangenti della Fininvest alla   Guardia di Finanza. Corruzione, Berlusconi assolto. Il Cavaliere: la verita’ emerge dopo tonnellate di fango, chi potra’ cancellare i danni che ho  subito?

Borrelli: il reato e’ stato dichiarato prescritto, l'avviso non era inutile. Di Pietro: giustizia  sconfitta

MILANO - Ribaltata in appello la sentenza contro Silvio Berlusconi per le presunte tangenti alle  Fiamme Gialle. Il Cavaliere e’ stato assolto da uno degli episodi contestati, mentre per altri tre l'accusa di corruzione e’ stata dichiarata prescritta. + un processo storico, quello che nel 1994 determino’ l'avviso di garanzia per l'allora premier. Ora il leader del Polo esulta: <<La verita’ viene alla luce dopo che sono state gettate tonnellate di fango sulla mia immagine. Mi chiedo chi potra’  mai cancellare i danni che ho subito?>>.

Il procuratore generale Borrelli pone l'accento sulle prescrizioni e sottolinea come <<l'impianto accusatorio sia stato sostanzialmente confermato, il che significa che l'avviso di garanzia non era inutile>>. Ma per Di Pietro <<e’ stata sconfitta la giustizia>>.

* Alle pagine 2 e 3

Biondani, Bonini, Calabro’ Di Caro, Di Feo, Ferrarella  Mercoledi’, 10 Maggio 2000

Prima pagina

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L’INTERVISTA / Il relatore alla Bicamerale: non dimentichiamo pero’ che anche il leader  azzurro esaltava il ruolo dei magistrati - Boato: si chiude cosi’ la parabola della <<via giudiziaria al potere>>  <<L’arma impropria dell’uso politico dei processi si e’ trasformata in un boomerang>>

ROMA - Secondo Marco Boato, deputato verde del centrosinistra che per oltre un anno e’  stato relatore sulla giustizia nella Commissione bicamerale, <<la sentenza di Milano sancisce il fallimento della cosiddetta via giudiziaria, se non al socialismo, almeno al potere>>.

Siamo alla fine di una parabola?

<< Adesso ce lo siamo dimenticato, ma per anni si e’ parlato di "rivoluzione dei giudici", tra  l’altro confondendo giudici e pubblici ministeri. La stessa vicenda dello scioglimento anticipato della legislatura nel ’94 era basato sull’illusione (perche’ tale si e’ dimostrata) che si potesse dare una spallata politica al vecchio sistema, non in base alla capacita’ di fornire una proposta politica alternativa, ma in base alla distruzione della classe politica precedente a colpi di avvisi di garanzia e di sentenze . La stessa illusione si e’ creata quando il leader del neonato  Polo, Silvio Berlusconi, e’ diventato Presidente del Consiglio. Per la verita’ anche Berlusconi  aveva in un primo tempo esaltato il ruolo salvifico e purificatore dei magistrati, aveva coteggiato Di Pietro e gli aveva proposto di diventare ministro. Poi rimase vittima di questo meccanismo perverso: fu sottoposto ad indagini quasi ad orologeria . E anche allora da parte di settori consistenti della sinistra ci fu l’illusione che si potesse spazzar via dalla scena politica il capo di Forza Italia a causa delle inchieste giudiziarie>>.

Se dobbiamo stare alla storia, pero’ la via giudiziaria si e’ dimostrata efficace perche’ nel frattempo sono passati quasi sei anni, e la sinistra e’ arrivata al potere...

<<Oggi siamo alla fine di questa parabola.Naturalmente ho ben chiaro che la decisione e’ per  un aspetto una sentenza di assoluzione e per un altro aspetto di prescrizione dei reati. (che comunque e’ anch’essa una sconfitta della giustizia). Ma "l’arma impropria" dell’uso politico dei processi e’ tornata indietro come un boomerang. E paradossalmente a sei anni di distanza Berlusconi e’ piu’ forte di ieri. Meno male, dico io, che tutto questo e’ avvenuto pochi giorni dopo la costituzione del nuovo governo, altrimenti...>>.

La sentenza di non chiude tutte le pendenze giudiziarie di Berlusconi...

<<Ma chiude di sicuro questa nefasta parabola>>.

E la transizione del sistema politico italiano non e’ completata.

<<No, purtroppo no, e proprio perche’ il Paese ha dovuto subire un percorso   drammatico punteggiato dai "pronunciamenti" di una parte minoritaria della magistratura, in particolare pubblici ministeri, che hanno sistematicamente   interferito con l’attivita’ del Parlamento. Ed e’ paradossale che ancheieri il senatore Di Pietro abbia sfoderato argomenti da pubblico ministero. Di Pietro non e’ riuscito a cogliere un barlume del significato storico-politico della vicenda. Penso che anche la reazione di Di Pietro debba sollecitare la riflessione serenamente autocritica di tutto il centrosinistra: e’ necessario che venga archiviata per sempre qualsiasi velleita’ di un uso politico delle vicende giudiziarie. Mancano solo pochi mesi alle elezioni>>.

M. Antonietta Calabro’

LA VERA BUONA NOTIZIA

CONTINUA A PAGINA 2

E' una buona, ottima notizia per Silvio Berlusconi. Considerata dal Palazzo di Giustizia la notizia non  e’ poi cosi’ buona, ma quel che conta oggi per chi e’ in marcia verso Palazzo Chigi non e’ piu’ racchiuso nelle aule di tribunale, non e’ alla merce’ di legulei e causidici, ma nelle strade e nelle piazze. E qui interessa poco sapere che cos'e’ la <<prescrizione>>, che cosa sono le <<attenuanti generiche>> o per quale motivo, pur essendo stata accertata una responsabilita’ penale in corruzione, a Silvio Berlusconi non e’ stata inflitta alcuna pena. 

Nel Paese la domanda e’ piu’ cruda e pretende risposte elementari: Silvio Berlusconi e’ stato  condannato? No, non e’ stato condannato. Dunque, Berlusconi ha ragione. Dunque, il Pool di Milano ha torto. Nella partita a due ha avuto torto quel Pool che spedi’ a Berlusconi un avviso di garanzia durante un vertice internazionale a Napoli. Ha perso quel Pool animato da Antonio Di Pietro, che addirittura si diceva convinto di poter <<sfasciare>> l'eccellente imputato.

Le cose, come e’ ovvio, non stanno cosi’. Anche se i duellanti tirano la coperta dalla propria parte, la  sentenza d'appello per il processo di corruzione della Guardia di Finanza, in senso tecnico, lascia in bocca a entrambi i protagonisti il sapore della mezza sconfitta o, se si vuole, della mezza vittoria.

di GIUSEPPE D'AVANZO

Commenti

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La sentenza sulla Finanza  - Una partita finita pari dopo anni di battaglie: tra magistrati e politica il  dialogo puo’ ripartire

SEGUE DALLA PRIMA

E’ una mezza vittoria per il Pool che incassa l'accertamento del reato (i finanzieri sono stati  corrotti) e della responsabilita’ penale del leader di Forza Italia (Berlusconi sa che i suoi dirigenti pagano 330 milioni al fine di addolcire le verifiche fiscali per Mediolanum, Videotime, Mondadori) e lo vede scagionato in un caso (Berlusconi non sa che pagano anche  50 milioni per Telepiu’). Mezza vittoria che diventa mezza sconfitta perche’ la Corte d'appello  riconosce le <<attenuanti generiche>> al Cavaliere. I tempi della prescrizione calano cosi’ da  quindici a sette anni e mezzo, oltre i quali lo Stato non ha piu’ l'interesse a infliggere la  condanna e la pena. Le tangenti furono pagate tra il 1989 e il 1991 e dunque Berlusconi vada per la sua strada. E' questo l'esito in chiaroscuro del processo che potrebbe rinnovare il dibattito, se ci fosse una debating society, su quanto pesi il diffuso, equivoco e molto italiano apprezzamento dell'abilita’ o della furberia, o come sia assente e di leggero peso un'aperta   riprovazione morale per i comportamenti scorretti. Ma l'aspetto giuridico ed etico della  vicenda appare oggi il piu’ marginale. Il cuore dell'affare, con Silvio Berlusconi lanciato in una irresistibile corsa verso Palazzo Chigi, e’ politico e la sua vittoria politica e’ fuori discussione.

Per la quarta volta in appello evita ogni condanna per assoluzione, prescrizione o amnistia. Dal suo punto di vista e’ quel che conta e oggi il Cavaliere puo’ ripetere con piu’ forza che e’ stato al centro di un assalto preconcetto di una magistratura politicamente armata. I suoi  vanno oltre e, come sempre capita a chi e’ piu’ realista del re, esagerano. Enrico La Loggia, presidente dei senatori di Forza Italia, si e’ spinto addirittura a chiedere di <<risarcire>>   Berlusconi <<restituendogli la presidenza del Consiglio>>, come se Berlusconi l'avesse persa  per un avviso di garanzia e non per la debolezza della sua coalizione e i ripensamenti di Umberto Bossi.

I <<realisti>> esagerano anche perche’ non comprendono la piu’ autentica natura della buona  notizia di Milano. La soluzione di compromesso giudiziario scelta per la quarta volta dalla Corte d'appello ha un vantaggio innegabile: non umilia il lavoro della procura di Borrelli e D'Ambrosio e non minaccia il futuro politico di Berlusconi. Chiude in pareggio la partita e offre una via d'uscita onorevole e dignitosa ai duellanti.

E’ quel che sembrano gradire sia i magistrati di Milano che il leader di Forza Italia, alla ricerca  di una distensione che possa far uscire, dopo otto durissimi anni, la giustizia dal fuoco del  conflitto politico e viceversa. Se cosi’ sara’, potremmo dire che c'e’ una buona notizia anche per l'Italia.

Giuseppe D'Avanzo

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RETROSCENA

Pera la <<colomba>> cambio’ la strategia di Berlusconi con i pm Il 27 giugno del 1999 il leader del Polo incontra i pm del Pool per riportare a una fisiologica normalita’ la dialettica tra accusa e difesa

ROMA

Alle sei del pomeriggio, l’eloquenza del profondo sospiro del senatore azzurro   Marcello Pera e’ pari forse solo alla soddisfazione delle parole che lo accompagnano e ne chiariscono il senso: <<Da oggi, viva Iddio, la discussione politica sulla giustizia tornera’ ad essere per Forza Italia pari a quella sulla sanita’, i trasporti. La sentenza di Milano rimuove definitivamente un grande ostacolo politico sulla strada delle riforme e del pieno  riconoscimento della legittimita’ politica di Silvio Berlusconi. Comincia, spero, una nuova stagione>>. E finisce quella di una silenziosa, defatigante diplomazia, cominciata una domenica pomeriggio di dieci mesi fa.

Domenica 27 giugno 1999, giorno di elezioni amministrative. Al quarto piano del palazzo di  giustizia, uffici della Procura della Repubblica. In una stanza, i pm Francesco Greco e Paolo Ielo, Silvio Berlusconi con i suoi avvocati Ennio Amodio e Giuseppe De Luca. Un’ora di colloquio per impegnarsi ad un ritorno alla <<fisiologica normalita’>> della dialettica processuale tra accusa e difesa.

In quei giorni, al disgelo, di cui l’incontro doveva essere simbolo, credevano in pochi. Fuori,  ma soprattutto dentro Forza Italia. Eppure, alla fine, il Cavaliere si era lasciato convincere che un tentativo andava fatto. A dispetto dello scetticismo di Tiziana Parenti (all’epoca ancora con gli azzurri) e di Filippo Mancuso, Berlusconi aveva raccolto il suggerimento del senatore Marcello Pera. Un intellettuale moderato toscano di buon senso, <<ingenua colomba>> per  dirla con chi tra gli azzurri allora non lo amava, <<intelligente interlocutore>> per l’ala   dalemiana dei Ds. Neppure sei mesi prima, il 17 dicembre del ’98, in un convegno a Roma (<<Garanzie perdute e trovate>>) che aveva visto la presenza, tra gli altri, proprio del pm Ielo, Pera aveva individuato nei toni da crociata del dibattito sulla giustizia il nodo gordiano in grado di strangolare le ambizioni politiche del Cavaliere e il destino stesso dei rapporti tra  magistratura e politica. E aveva dunque dovuto faticare. Per convertire alla causa del  <<dialogo>> Cesare Previti. Per convincere con qualche ruvidezza lo stesso leader di Forza Italia che oltre quattro anni di scontro frontale con la Procura di Milano avevano fruttato soltanto condanne, l’interruzione di ogni dialogo politico con la sinistra e aumentato il rischio di alienarsi le simpatie di un ceto moderato infastidito dai toni della propaganda.

Ricorda Gaetano Pecorella, oggi legale di Berlusconi e deputato di Forza Italia alla Camera:  <<In quella fase, Pera in primo luogo, ma anche il sottoscritto, dopo il fallimento della Bicamerale, riuscimmo a convincere Berlusconi che era necessario un cambio di passo. Che la demonizzazione di alcuni uffici giudiziari ci avrebbe lasciato chiusi in un angolo. Che la conversione alle ragioni del garantismo dell’opinione pubblica e di una maggioranza  parlamentare trasversale doveva passare attraverso grandi riforme e dialogo. Insomma, che era necessario tracciare un confine netto e visibile tra le battaglie sui temi della giustizia e lo scontro processuale nelle aule dove Berlusconi era imputato. E del resto, quello era il momento propizio. L’avvicendamento al vertice della Procura di Milano tra Borrelli e   D’Ambrosio era un’occasione da non lasciar cadere>>.

Nell’estate ’99, alla strategia del <<doppio binario>> vengono dunque date nuove gambe su  cui camminare. All’incontro nella Procura di Milano, segue infatti una completa ridefinizione dello staff legale di Berlusconi. Alla diarchia Amodio-De Luca (protagonista fino ad allora di polemiche durissime con il pool di Milano), subentra per i nuovi processi destinati ad arrivare  a dibattimento una raffinata triade composta dagli avvocati Pecorella, Ghedini, Longo, il cui mandato e’ trasformare da politica in tecnica la cifra della sua difesa processuale. Portare a   casa assoluzioni: nel merito, dove possibile, <<in punto di diritto>>, dove le norme sulla prescrizione lo consentano. Il senatore Marcello Pera diventa ambasciatore in Senato della  nuova diplomazia azzurra, che ha come suo immediato interlocutore a Botteghe Oscure il senatore Senese. Alla Camera, Pecorella dialoga con Anna Finocchiaro, all’epoca presidente  della commissione Giustizia e anche lei dalemiana convinta della necessita’ di dialogo.

Nell’inverno del ’99, la riforma costituzionale del giusto processo e il compromesso  sull’entrata in vigore delle norme circa l’incompatibilita’ tra le funzioni di giudice delle indagini preliminari e giudici delle udienze preliminari sono i frutti della nuova diplomazia. 

Anche se, proprio nel dicembre scorso, tutto sembra dover nuovamente saltare nel momento  in cui l’ala veltroniana dei Ds coglie proprio sulla questione delle incompatibilita’ tra gip e gup l’occasione di una nuova violenta polemica con Forza Italia. <<Fu un momento difficile -ricorda ancora Pecorella -  ma l’assoluzione di Andreotti a Palermo fu per noi il segnale che la stagione dei processi penali vissuti come ordali’e era conclusa. L’accordo sul giusto processo  ce ne diede conferma>>.

Se tanto fairplay sara’ ora riservato ai nemici di ieri, e’ da vedere. <<Che Borrelli e Di Pietro  siano gli sconfitti mi pare evidente u’ chiosa Pera u’ e la sentenza della Corte di appello di Milano mi fa inevitabilmente ripensare al famoso io quello lo sfascio di Di Pietro. Cosa avevano nel ’94 per giustificare quei toni?>>. <<Si’, hanno perso loro, non la magistratura - aggiunge Pecorella - . Anche se ora preferisco guardare avanti. E pensare che da oggi, dopo  questa sentenza, quel che resta dei processi di Berlusconi non potra’ che avere un solo esito.  Assoluzioni. E’ finito il tempo del non poteva non sapere>>.

Carlo Bonini

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Di Pietro: sconfitta la giustizia, non il Pool 

MILANO

Ha parlato, dopo tanto tempo, con la voce del Pool. Antonio Di Pietro sui  banchi del Senato ha reagito quasi con rabbia ai festeggiamenti che il capogruppo di Forza Italia Enrico La Loggia proponeva all’Aula dopo aver comunicato la notizia della parziale assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo di Mani pulite per le tangenti di varie societa’  del Cavaliere alla Finanza.

La Loggia ha parlato di assoluzione da un’<<ignominiosa accusa che lo colpi’ quando era  presidente del Consiglio>>; Di Pietro, che quell’accusa ha sostenuto da pm ha subito replicato precisando <<che per le accuse di tre verifiche fiscali e’ stato dichiarato prescritto. La parola "assolto", rispetto a "prescrizione" e’ cosa diversa e vuol dire una cosa diversa, tanto per chiarire...>>.

Commentando poi la notizia con la stampa l’ex pm ha difeso il lavoro suo di Mani pulite: 

<<Non e’ certo una sconfitta per il pool di Milano, se mai e’ una sconfitta per la giustizia  perche’ in questi anni si e’ guardato troppo alle norme per i giusti diritti dell'imputato e troppo poco alle norme che consentano ai processi di arrivare in tempo all'obiettivo dell'accertamento della verita’>>. Pur <<rispettando>> la sentenza della Corte d’Appello, il senatore ha pero’ attaccato il Polo per la <<strumentalizzazione grave, al di fuori della sentenza. I fatti, in ogni  caso, confermano che il Pool aveva ben ragione di portare avanti questo processo>>.

Difeso il suo passato di pm, Di Pietro guarda avanti: al voto sulla legge <<pulisci liste>> in  Senato e ad un futuro che potrebbe vederlo impegnato nella corsa per diventare sindaco di Milano. <<Non lo escludo>> ha detto lunedi’ sera a Telelombardia. Ma se sara’ non avverra’ su proposta di <<alcun partito, ma ancora una volta solo contro tutti>>.

R. P.

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<<La verita’, dopo tonnellate di fango>>  - Il Cavaliere accusa: fu fatto cadere un governo legittimamente eletto  Fini: la Procura di Milano determino’ il sovvertimento della volonta’ popolare

ROMA

Dicono che se lo aspettava, che certamente lo sperava, che ci credeva insomma a   un’assoluzione piena e convinta, perche’ quella di aver corrotto la Guardia di Finanza era <<un’accusa assurda>>, quelle usate contro di lui <<un mucchio di bugie>>, fango. Cosi’, quando nella sua villa di Arcore la buona notizia gli e’ arrivata sia dal portavoce Bonaiuti che dagli avvocati Amodio e De Luca, Silvio Berlusconi ha reagito con soddisfazione, ma  contenuta. Anzi, raccontano i suoi legali, ha chiesto di piu’, autorizzandoli a fare ricorso in Cassazione, per fugare anche le <<residue ombre>> di un verdetto che non lo convince appieno.

E’ comunque a una nota che il leader del Polo affida il suo sollievo ma insieme la sua  amarezza per quello che, dicono i suoi, ha dovuto sopportare <<con dolore>>, per tanti anni: <<La verita’ - e’ lo sfogo - viene alla luce dopo che e’ stato fatto cadere un governo legittimamente eletto, dopo che e’ stata condannata un'intera parte politica, dopo che sono state gettate tonnellate di fango sulla mia immagine, in Italia e all'estero>>. La conclusione e’   una domanda retorica: <<Mi chiedo chi potra’ mai cancellare i danni provocati a me, al mio movimento, alla coalizione di centrodestra e al Paese da una giustizia palesemente politica>>.

Si limita dunque a poche righe la reazione ufficiale di Berlusconi a quello che uno dei suoi  alleati, Gianfranco Fini, definisce <<un fatto politico di primaria importanza>>. Da Forza Italia fanno notare come questa sia <<la quarta assoluzione per Berlusconi in quattro giudizi d’appello>>, ed e’ probabile che il Cavaliere nei prossimi giorni torni sul tema per attaccare i <<pm politicizzati>> e quella sinistra che u’ ha detto ieri a chi lo ha sentito per congratularsi - chissa’ <<quante pressioni avra’ fatto sui magistrati di Milano perche’ questa assoluzione  non arrivasse...>>.

Ma la giustizia non dovrebbe tornare ad essere uno dei temi centrali delle esternazioni del  leader del Polo. I suoi alleati assicurano che, da quando ha vinto lo scorso anno le Europee, Berlusconi si e’ sentito forte, fortissimo, e non e’ piu’ apparso preoccupato per le sentenze subite e per quelle ancora in arrivo. E d’altronde nel Polo mai nessuno gli ha fatto mancare la  solidarieta’ anche nei momenti meno felici, nessuno da allora ha piu’ messo in dubbio la sua   leadership. Figurarsi ora.

E’ durissimo il leader di An: <<Oggi la magistratura ha certificato quel che il centrodestra ha  sempre saputo e denunciato: la Procura di Milano determino’ il sovvertimento della volonta’ popolare>>. Ancora insoddisfatto Casini: <<Abbiamo dovuto attendere troppi anni per vedere emergere un frammento di verita’ e questo la dice lunga sull'incivilta’ giuridica che c'e’ stata in Italia>>. Rocco Buttiglione parla della caduta di un <<teorema politico-giudiziario che ha condizionato la vita del Paese>>, mentre Francesco Cossiga esulta: <<Possiamo finalmente  dire che non c’e’ un giudice solo a Berlino, ma anche a Milano, come a Perugia e a  Palermo>>.

Ma e’ soprattutto tra gli azzurri che si usano i toni piu’ accesi. Enrico La Loggia prende la  parola al senato mentre si discute la legge <<pulisci liste elettorali>> per annunciare l’assoluzione di Berlusconi e per sollecitare l’applauso. Non lo segue Antonio Di Pietro, che lo corregge: non di assoluzione si tratta, dice, ma di <<prescrizione>> dei reati imputati. 

Resta la polemica, e resta agli atti un’unica dichiarazione ufficiale del centrosinistra. E’ quella  del responsabile giustizia dei Ds, Carlo Leoni, e sembra quasi una difesa d’ufficio del Pool: <<Vorrei ricordare a Fini e agli altri esponenti del Polo u’ dice u’ che Berlusconi smise di essere presidente del Consiglio perche’ si ruppe la maggioranza che lo sosteneva: per il dissenso della Lega e non per iniziativa della magistratura>>.

Paola Di Caro

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L’EX CAPO DI MANI PULITE

Borrelli: ma questa sentenza dimostra che e’ colpevole

MILANO

<<Assoluzione? Vi sembra che una sentenza che si limita a dichiarare   l’estinzione del reato possa equivalere a un’assoluzione? Io direi piuttosto che questo verdetto ha complessivamente confermato l’impostazione della pubblica accusa>>.

Sono le 16 di martedi’ e Saverio Borrelli, nel suo ufficio di procuratore generale, ha appena  incontrato il sostituto Pietro De Petris, che rappresentava l’accusa nel processo contro Silvio Berlusconi e altri imputati di aver versato tangenti, tra il 1989 e il 27 aprile del 1994, a quattro pattuglie della Guardia di Finanza. Borrelli sa benissimo che tutto il pool temeva che quello di ieri potesse essere il giorno del trionfo per il leader di Forza Italia: un’eventuale assoluzione piena in questo processo, quello dell’avviso al Cavaliere ancora premier, avrebbe reso   incandescente la polemica sui magistrati accusati di fare politica, anzi nel caso milanese di aver  addirittura <<un golpe giudiziario>> per sabotare il governo del Polo. Ben consapevole di tutte queste implicazioni, Borrelli si mostra disteso, sereno, spesso sorridente.

In quattro processi d’appello, Silvio Berlusconi non ha subito neppure una condanna. Il pool  accusa, ma i giudici poi assolvono?

<<Mi pare che sia semplicemente un errore sostenere che la corte d’appello abbia deciso  un’assoluzione. Per tre delle quattro imputazioni, i giudici hanno confermato anche in secondo grado l’accusa di corruzione. Applicare la prescrizione significa soltanto prendere atto che, dopo tanto tempo, non e’ piu’ possibile punire l’autore del reato. Ma, appunto, e’ solo un problema di tempo: il reato sussiste, ma il tempo della giustizia... e’ scaduto. L’impianto   dell’accusa e’ stato complessivamente confermato da questa sentenza>>.

Se Berlusconi avesse ottenuto un’assoluzione nel merito, invece di una prescrizione, il famoso  avviso del novembre ’94 sarebbe diventato, per i nemici del pool, la prova del <<golpe dei pm>>.

<<E invece anche questa sentenza conferma che quell’informazione di garanzia non era  inutile. E nemmeno ingiustificata>>.

In grado d’appello, comunque, la pubblica accusa non e’ riuscita a far condannare una sola  volta Silvio Berlusconi: prescrizione per i soldi a Craxi del conto All Iberian, amnistia per l’affare di Macherio, assoluzione piena al processo Medusa. Lei si sente sconfitto? 

<<Per un pm, nessuna sentenza e’ mai una vittoria ne’ una sconfitta. La sentenza e’ sempre lo  sbocco naturale di una valutazione degli elementi di prova che sono stati raccolti. Un imputato puo’ considerare l’assoluzione come una vittoria, ma un pubblico ministero rappresenta sempre un superiore e generale obiettivo di giustizia e a differenza delle parti private non ha alcun interesse particolare da sostenere>>.

Di fatto, gran parte del lavoro di Mani Pulite e’ stato dedicato a Berlusconi. Ma il carnet delle  condanne e’ vuoto.

<<Ma questo non e’ vero... Nelle inchieste cosiddette di Tangentopoli, Silvio Berlusconi e’  entrato tardissimo, mi pare proprio nel ’94. E da allora, almeno dal nostro punto di vista, e’ sempre rimasto un imputato come tutti gli altri>>.

Almeno un aspetto della sentenza suona come una vostra sconfitta: la prescrizione significa  che la giustizia e’ talmente lenta da non punire i colpevoli.

<<Questo e’ un problema reale, che riguarda tutti i processi. Abbiamo segnalato in tutti le sedi  che la lentezza dei tempi della macchina giudiziaria sta diventando insostenibile. Ma non si tratta certo di un problema che riguardi solo uno specifico imputato, per quanto si tratti di una persona conosciuta>>.

La <<fuga>> dei 35 pm dalla Procura e’ stata interpretata come un ulteriore segno della fine  di Mani pulite: il mito dei pm anti-corruzione un ricordo del passato.

<<Questa e’ un’interpretazione completamente sbagliata. La corsa ad entrare nella Procura di  Milano era cominciata molto prima dell’inizio delle indagini sulla corruzione. Mario Chiesa fu arrestato nel 1992, ma gia’ dal 1983 c’erano decine di domande di magistrati di tutta Italia che chiedevano di fare il pm a Milano. Ricordo che la nostra sede attirava gia’ allora anche colleghi con notevole anzianita’ si servizio, come ad esempio Turone>>.

E perche’ la corsa e’ finita?

<<Io non penso che la causa possa essere individuata in un aggravio di lavoro. La cosa piu’  preoccupante, per un pubblico ministero, e’ il senso di disordine imputabile a una serie di fattori oggettivi. La verita’ e’ che il legislatore, per velocizzare la giustizia ha aumentato le udienze, ma non il numero dei pm. In una fase di organizzazione ancora in fieri, forse molti  hanno pensato semplicemente di veleggiare verso lidi piu’ tranquilli. E un certo peso puo’ aver avuto il referendum sulla separazione delle carriere: chi coltiva legittime aspirazioni di fare un  lavoro diverso, puo’ temere di ritrovarsi costretto nel ruolo di pm per tutta la vita>>. 

Sulle scelte dei pm meno conosciuti, possono aver influito anche le campagne politiche contro  la procura di Milano?

<<Non penso, personalmente lo escluderei. Ritengo invece che le motivazioni di queste  richieste siano soprattutto legate ad aspirazioni personali e giustificate da ragioni oggettive>>.

Paolo Biondani

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Mazzette sulle mense, quattro arresti

MILANO - Quattro arresti e una sorpresa nell’inchiesta sulle mense. Per truffa e corruzione  <<fino al ’98>> i magistrati milanesi hanno fatto scattare le manette per quattro responsabili degli appalti di frutta e verdura del Fatebenefratelli di Milano e degli ospedali di Pietra Ligure e di Melegnano. In casa del provveditore di quest’ultimo istituto di cura, i carabinieri hanno scoperto 180 milioni in contanti. I soldi <<imprevisti>>, divisi in mazzette chiuse in varie buste, sono stati sequestrati.

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LA STORIA

Nanocchio Francesco, maresciallo della polizia tributaria. Chi ricorda piu’ questo nome?  Eppure tutto comincio’ con lui e con una manciata di milioni messa in mano a un suo giovane collega: <<Questi sono da parte di Telepiu’>>, avrebbe detto. Era il 26 aprile 1994. Silvio Berlusconi sedeva a Palazzo Chigi da due settimane, il giorno prima Milano era stata invasa da 300 mila persone che contestavano il governo del Polo. E l'arresto di Nanocchio segno’ la   prima scintilla di un'estate rovente.

Nessuno poteva immaginare che quella minuscola tangente sarebbe andata a colpire il   presidente del Consiglio. Le inchieste in quei giorni sembravano stagnare; Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo venivano tentati proprio dalle lusinghe ministeriali del centrodestra. Invece la corruzione nelle Fiamme Gialle <<porto’ nuova acqua nel mulino>> di Mani Pulite: un rivolo che si trasformo’ rapidamente in tempesta. Finirono in carcere centinaia di imprenditori  e militari; si cerco’ di varare un decreto sulle regole della custodia cautelare, subito battezzato <<salvaladri>> dall'opposizione; fu arrestato persino il fratello del Cavaliere.

Ma e’ solo con ottobre che il pool stringe il cerchio. <<Su Telepiu’ siamo arrivati a livelli  altissimi>>, dichiara Saverio Borrelli. A invocare fortemente la stoccata giudiziaria e’ proprio Di Pietro. Gerardo D'Ambrosio racconta che in ufficio simulava gia’ l'interrogatorio dell'imputato Berlusconi: <<Io quello li’ lo sfascio...>>. Piu’ tardi si dira’ che Tonino da Montenero era sotto pressione per le vicende di Gorrini: storie che all'epoca anche i suoi   colleghi ignoravano. Ma in quelle ore era lui il motore dell'inchiesta piu’ importante. E se finora la procura si era mossa soltanto sulla base di accuse dirette, per il premier invece venne avviato un procedimento esclusivamente indiziario. Nessuno aveva chiamato in causa il  presidente del Consiglio: c'erano solo una lunga serie di indizi, rafforzati da un foglietto e da un tabulato Telecom. Un passi’ di Palazzo Chigi dell'8 giugno che testimoniava la visita di  Massimo Maria Berrutti, ex ufficiale della Finanza e allora avvocato Fininvest, che poco dopo con una telefonata avrebbe tentato di depistare le indagini su Segrate. Per il pool questo era l'asso nella manica.

L'invito a comparire viene scritto lunedi’ 21 novembre. Gravissimo il reato ipotizzato:  corruzione per impedire agli investigatori di fare luce sui bilanci Fininvest. L'importo invece e’ irrisorio rispetto agli standard di Tangentopoli: 230 milioni. Poco piu’ che mance nella contabilita’ del Biscione: <<Soldi che guadagno in un minuto>>, ha ripetuto spesso il Cavaliere.

Berlusconi e’ a Napoli, presiede il vertice mondiale sulla lotta alla criminalita’ e alla  corruzione: ci sono ministri di 140 paesi. Borrelli non ha dubbi: <<La legge prevede che si proceda senza indugio nel momento stesso in cui si individuano le responsabilita’. A quel punto per noi il provvedimento era doveroso>>. Mentre il premier inaugura i lavori, due alti  ufficiali dei Carabinieri in uniforme di gala vengono strappati alla cerimonia della Virgo Fidelis   e convocati da Borrelli. Sei ore dopo il capitano Paolo La Forgia si presenta a Palazzo Chigi per consegnare l’avviso. Ma il Cavaliere non c'e’: e’ ancora a Napoli, sotto braccio al sindaco Bassolino. Viene informato da Roma, ma non puo’ abbandonare il cerimoniale. Siede nel  palco reale del teatro San Carlo e assiste fino all'ultimo bis di Pavarotti, <<'O sole mio>>.

Solo allora puo’ telefonare al capitano.

Il Quirinale gia’ sapeva. Con una discussa iniziativa Borrelli aveva avvertito il presidente  Scalfaro. <<Non e’ stato violato nessun segreto - ribadisce il procuratore -. L'ho fatto dopo che i carabinieri mi hanno confermato la sommaria notifica dell'avviso>>. La mattina dopo la notizia e’ gia’ sul Corriere. Berlusconi affronta la platea di Napoli,  comprende subito la minaccia politica del provvedimento: <<Io non ho corrotto nessuno.  Vogliono colpire il premier e farlo sbalzare dalla sella per via giudiziaria>>. Roberto Maroni e’ ancora dalla sua parte: <<La magistratura non puo’ scandire i tempi della politica>>. Ma il sostegno della Lega e’ destinato a durare solo un mese: il 21 dicembre c’e’ la sfiducia.

Sono giornate tese, giornate di ribaltoni. La prima svolta avviene in procura, con l'improvviso  addio di Di Pietro. Il 12 dicembre a condurre l'interrogatorio chiave non c'e’ piu’ Tonino. Il pool cerca di sfruttare <<l'asso>> del presunto legame Palazzo Chigi-depistaggio con un confronto incrociato: fa deporre contemporaneamente Berruti e Berlusconi. Ma di fronte alla carta segreta dei pm, il premier non mostra sorpresa. Reagisce invece con rabbia, accusando:  <<Mi sembra che non siano emerse da questo interrogatorio prove su una mia responsabilita’. 

Vi rendete conto del danno che avete fatto a me e all'Italia?>>. Aprile ’94, con le manette al maresciallo Nanocchio parte il duello con il pool

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Fiamme gialle, assolto Berlusconi

Tangenti alla Guardia di Finanza: prescritte tre accuse, per Telepiu’ <<non ha  commesso il fatto>> - I difensori del Cavaliere: e’ una sentenza intermedia, faremo ricorso in Cassazione

MILANO -

La concessione delle attenuanti generiche a Silvio Berlusconi fa scattare la   prescrizione e cancella tre contestate corruzioni della Guardia di Finanza. Una assoluzione nel merito <<per non aver commesso il fatto>> lo scagiona invece da un quarto episodio di corruzione, compiuto dalla dirigenza Fininvest senza alcuna prova che ad autorizzarlo sia  stato lui. Il risultato pratico e’ una assoluzione in appello che a Silvio Berlusconi cancella la  condanna a 2 anni e 9 mesi inflittagli in primo grado il 7 luglio 1998.

Un mix di assoluzione per <<tempo scaduto>> e di assoluzione <<nel merito>> che  disattende l’accusa nel processo per il quale l’allora presidente del Consiglio ricevette a Napoli il primo avviso di garanzia, il 21 novembre 1994, durante il convegno dell’Onu sul crimine organizzato. Ma neppure soddisfa sino in fondo la difesa: <<Faremo ricorso in Cassazione annuncia il professor Ennio Amodio, difensore "storico" del Cavaliere con il professor  Giuseppe De Luca -. E’ una sentenza intermedia che avrebbe potuto essere piu’ coraggiosa, una scorciatoia alla verita’: ma in un processo cosi’ denso di contenuti politici e di questioni sull’attivita’ del pm Di Pietro, era difficile attendersi un esito che potesse suonare totale sconfitta del pool>>. E ricorso fara’ anche il parlamentare di Forza Italia, Massimo Maria  Berruti, unico imputato in aula ieri: l’appello gli ha limato a 8 mesi la condanna per il   favoreggiamento che, dopo un incontro a Palazzo Chigi con l’allora premier Berlusconi, avrebbe attuato facendo chiedere al colonnello Angelo Tanca (tramite un comune conoscente) di tacere sulla tangente <<Mondadori>>.

E’ dunque un verdetto dalle molte sfumature quello della seconda Corte d’Appello (presidente  Nese, a latere Ocello e Soprano) su 4 ipotizzate corruzioni in altrettante verifiche fiscali in societa’ Fininvest: 100 milioni nel 1989 per <<Videotime>>, 130 milioni nel 1991 per <<Mondadori>>, 100 milioni nel 1992 per <<Mediolanum>>, 50 milioni nel 1994 per   <<Telepiu’>>. Per le prime tre il collegio, nel condannare l’allora direttore dei servizi fiscali  Fininvest, Salvatore Sciascia, ha ritenuto di non poter assolvere nel merito neppure Berlusconi, che secondo l’accusa autorizzo’ i pagamenti. Ma mentre il tribunale non gli aveva concesso le attenuanti generiche, ieri l’appello gli ha dato questo beneficio. L’effetto e’ stato quello di dimezzare i termini massimi di prescrizione dei tre reati, da 15 anni a 7 anni e mezzo: gia’ abbondantemente scaduti per lui, come per il manager Fininvest Alfredo Zuccotti e il  finanziere Giovanni Arces. E a Berlusconi, come unica conseguenza della responsabilita’ affermata dalla Corte dietro il <<non doversi procedere>>, e’ rimasta solo la condanna a concorrere alle spese processuali relative a questi tre capi di imputazione: 4 milioni.

Un capitolo a parte e’ invece il verdetto sulla quarta imputazione: i 25 milioni che sarebbero  stati pagati (e altri 25 promessi) nella verifica a <<Telepiu’>> per non far scoprire che a controllare la tv - in violazione della legge Mammi’ - era sempre la Fininvest, seppur dietro il paravento di soci finanziariamente sostenuti dal Biscione. Per i giudici, anche questi soldi sono stati effettivamente pagati dal manager Fininvest (Sciascia) al finanziere (Capone): e infatti   entrambi sono stati ricondannati, anche se con una riduzione che ha portato la loro pena a 2  anni (l’altro finanziere Francesco Nanocchio e’ sceso a 1 anno e 5 mesi). Ma, diversamente che nelle altre verifiche, i giudici hanno ritenuto di non disporre di validi elementi per  attribuire a Berlusconi l’autorizzazione alla tangente: l’assoluzione <<per non aver commesso il fatto>>, infatti, richiama il secondo comma dell’articolo 530, quello cioe’ che fa riferimento   ai casi in cui <<la prova manca o e’ insufficiente o e’ contraddittoria>>.

Luigi Ferrarella

Stampa del 10-05-2000

Tangenti Gdf, Berlusconi assolto in appello

IL CAVALIERE E LA GIUSTIZIA

Nel ’94 l’avviso di garanzia al convegno Onu di Napoli

Susanna Marzolla

MILANO Silvio Berlusconi e’ uscito indenne anche dal quarto processo d’appello, quello per  le tangenti pagate da societa’ del gruppo Fininvest alla Guardia di Finanza. Per tre episodi e’ scattata la prescrizione; per il quarto il leader di Forza Italia e’ stato assolto in base - specifica la sentenza - all’articolo 530, punto 2, del codice di procedura penale. La’ dove si dice: <<Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, e’ insufficiente o e’  contraddittoria la prova>> (la vecchia insufficienza di prove, per intendersi). E la prova  mancante, hanno spiegato i giudici, e’ che Berlusconi fosse effettivo proprietario di Telepiu’, tanto da essere interessato a pagare una tangente da 50 milioni per evitare verifiche fiscali. 

Ma quella tangente venne pagata, ha stabilito la sentenza condannando gli altri imputati,  anche se a pene inferiori che in primo grado: i finanzieri Giuseppe Capone (2 anni di reclusione) e Francesco Nanocchio (un anno e 5 mesi); il responsabile del servizio fiscale della Fininvest Salvatore Sciascia (due anni).

E la sentenza ha stabilito anche un’altra cosa, apparentemente marginale ma assai importante  nella ricostruzione fatta a suo tempo dalla procura di Milano: Berlusconi quand’era presidente del Consiglio incontro’ a Palazzo Chigi l’avvocato (ora parlamentare di Forza Italia) Massimo Maria Berruti che, dopo, telefono’ a un sottufficiale della Finanza suo amico perche’ chiedesse a un colonnello di tacere sulla verifica fiscale alla Mondadori. Berruti e’ stato infatti  condannato a otto mesi (in primo grado erano dieci) per favoreggiamento.

In quanto alla prescrizione e’ lo stesso presidente della Corte d’appello, Francesco Nese, a  darne una spiegazione giuridicamente ineccepibile: <<La prescrizione e’ ritenuta una responsabilita’ accertata ma non piu’ giudicabile perche’ fuori tempo massimo>>. Da qui la  condanna per Silvio Berlusconi a pagare comunque le spese processuali (4 milioni e mezzo).

Solo il troppo tempo ha reso impossibile che la corte d’appello si pronunciasse su quelle  tangenti pagate per <<ammorbidire>> le verifiche a Mediolanum, Videotime e Mondadori: un totale di 330 milioni pagati tra l’89 e il 92. Pagamenti per altro ammessi dagli stessi  manager della Fininvest ma presentati come una concussione di cui Silvio Berlusconi non  avrebbe saputo nulla.

Il troppo tempo ha reso impossibile una sentenza, ma non attenua le polemiche, virulente  come sei anni fa quando Berlusconi ricevette un avviso a comparire per rispondere dell’accusa di concorso in corruzione. Era allora presidente del Consiglio e stava a Napoli a una  conferenza internazionale sulla criminalita’ con ministri e capi di governo di mezzo mondo.

Polemiche virulente come quando un’infelice frase del presidente del tribunale, Carlo Crivelli  (<<Useremo con la difesa il bastone e la carota>>) fece si’ che il processo di primo grado dovesse ripartire da capo, dopo un anno di udienze, aggiungendo altro tempo alle <<normali>> lungaggini giudiziarie.

Troppo tempo, e quindi prescrizione. Che non significa <<innocenza>> come sa bene  l’avvocato Ennio Amodio, difensore di Berlusconi: <<Vogliamo di piu’ - dice infatti - una  totale assoluzione per totale mancanza di qualsiasi prova. Per questo ricorreremo in Cassazione, perche’ vengano cancellate anche quelle piccole ombre che ora restano sulla  scena>>.

Una sentenza di compromesso, secondo il legale, quella pronunciata ieri: <<Una sentenza a  cavallo tra il furore giudiziario degli Anni Novanta e la rigorosita’, la serenita’ di giudizio che caratterizza i nuovi interventi della corti d’appello. I giudici hanno voluto trovare una strada intermedia; hanno dichiarato che Berlusconi non ha avuto parte alcuna nella vicenda  Telepiu’ e deciso la prescrizione per le altre. In questo modo non si e’ voluti entrare in rotta di collisione con il pool>>. Un sospiro di sollievo c’e’ comunque: <<La sentenza dimostra che  e’ finito il furore giudiziario nei confronti di Berlusconi>>.

L’EX PM <<INNOCENTE? MA LO HANNO CONDANNATO A PAGARE LE SPESE>>

Di Pietro: oggi ha perso la  giustizia - <<Rifarei tutto quello che ho fatto, giorno dopo giorno>>

Guido Tiberga

CHE sarebbe finita cosi’, Antonio Di Pietro se lo aspettava. Lunedi’ notte, ai microfoni di una tv locale, era  sbottato: <<Quello dovrebbe ringraziare il Signore che c’e’ la prescrizione, invece di cantar vittoria come se fosse   davvero innocente...>>. A cose fatte, l’ex leader di Mani pulite alterna rabbia e amarezza: piu’ la prima che la  seconda. <<I craxiani al governo, e Berlusconi che fa credere alla gente di essere stato assolto... A volte mi chiedo   se ne valeva la pena, di lavorare tanto. Ma poi mi rispondo che ora piu’ che mai rifarei tutto, passo dopo passo:  senza magistratura non c’e’ giustizia. E senza giustizia non ci sono ne’ democrazia ne’ liberta’>>.

Senatore Di Pietro, Berlusconi e’ stato assolto...

<<Assolto? Non dica sciocchezze, per favore. Questo e’ quello che vogliono far credere lui e le sue cicale. Siamo all’ennesima truffa mass-mediatica, favorita da un conflitto di interessi che non mi stanchero’ mai di combattere.  Su Berlusconi pendevano quattro capi d’accusa per corruzione: 100 milioni per Mediolanum, 100 per Videotime, 150 per Mondadori e 50 per Telepiu’. L’assoluzione, che rispetto, vale solo per quest’ultima accusa: per le altre c’e’ solo prescrizione. E prescrizione significa solo che i suoi avvocati sono stati bravi a far passare il tempo, non  che quel signore e’ innocente. Tra l’altro, alla prescrizione si puo’ rinunciare. Possibile che nessuno si chieda perche’ il leader dell’opposizione si comporti in questo modo? Insistendo a tirare fuori quella storia di Napoli e di  Clinton...>>

Ma se proprio lei si era opposto all’avviso di garanzia nel bel mezzo del summit internazionale. A proposito, perche’ era contrario?

<<No, no: sul quell’avviso eravamo tutti d’accordo. Tutti. Io, piuttosto, feci un esposto alla procura di Brescia  chiedendo che fossero accertate le responsabilita’ del Pool sulla fuga di notizie, quella si’ inopportuna, che porto’  quel provvedimento dritto sui giornali. A chi adesso straparla di "colpo istituzionale", rammento che il Pool fu  riconosciuto assolutamente estraneo alla vicenda. Questo bisognerebbe ricordarlo agli amici del prescritto   Berlusconi. Pre-scrit-to, capito?>>.

Resta il fatto che, per l’unico reato non ancora prescritto, Berlusconi e’ stato assolto. Questo, secondo qualcuno, significa che il teorema del <<non poteva non sapere>> e’ stato sconfessato. E’ cosi’?

<<Chi la dice quest’altra sciocchezza?>>

Gaetano Pecorella, il responsabile Giustizia di Forza Italia.

<<E le pare possibile che un giurista come Pecorella non conosca la differenza tra prescrizione e assoluzione? Lo ammetto da tutti, ma non da lui. Se vi serviva una prova della malafede di questi signori, eccovi serviti...>>.

Il <<teorema>>, senatore. E’ stato sconfessato o no?

<<Intanto non ci sono teoremi. Il Pool ha lavorato su "notitiae criminis" precise e circostanziate>>. 

Che tuttavia il giudice d’appello ha ritenuto infondate. Questo prova almeno il vostro errore?

<<Ma l’assoluzione dell’imputato non significa affatto che il pubblico ministero abbia sbagliato. Ma dove siamo? Ma lo vogliamo ricordare o no che in primo grado la sentenza era stata di condanna? Vuol dire che le nostre indagini qualcosa avevano scoperto... E poi, se mi permette, le sentenze bisognerebbe saperle leggere, prima di   sbraitare come ha fatto La Loggia nell’aula del Senato della Repubblica. Per lo meno bisognerebbe leggerle fino in fondo>>.

A che cosa si riferisce?

<<Senta qui: "Silvio Berlusconi e Arces dovranno pagare le spese di costituzione e difesa per l'appello per un totale  di 4 milioni e mezzo di lire">>.

Che cosa significa?

<<E’ evidente: se il giudice lo ha condannato a pagare le spese vuol dire che ha ritenuto la prescrizione "piu’  pesante" dell’assoluzione. Ma che cosa parlo a fare? Tanto lo so che tutti diranno che questa sentenza e’ la   sconfitta del Pool. Il clima e’ questo, ormai: ma la sola a essere sconfitta, oggi, e’ la Giustizia>>.

Non stara’ esagerando?

<<Ah certo, adesso diranno che proprio io non rispetto le sentenze. Non e’ cosi’, ma non posso dimenticare che  negli ultimi anni si e’ pensato solo ai diritti degli imputati, che saranno pure sacrosanti, ma - diomio! - a forza di   delegittimare i magistrati, di offendere il loro lavoro, di fare di tutto perche’ i tempi diventino sempre piu’ lunghi  ci siamo dimenticati che il processo e’ lo strumento per la determinazione della verita’. E dove c’e’ la prescrizione, mi spiace, la verita’ non c’e’>>.

Senatore, Forza Italia dice che questa inchiesta, con quell’avviso di garanzia al summit di Napoli, e’ servito solo a  rovesciare il governo Berlusconi...

<<Ma guarda, e io che credevo che Berlusconi fosse caduto per il ribaltone di Bossi... Senta, io pure stavo  all’estero da ministro quando ho saputo di essere sotto inchiesta per il caso Pacini. Ero a Istanbul, e l’ho saputo dai  giornali. Ma tra me e Berlusconi c’e’ una differenza, anzi due: la prima e’ che io mi sono dimesso. La seconda e’ che a me mi hanno assolto, proprio l’altro giorno. Assolto, capito?, non prescritto>>.

<<E’ soltanto una  prescrizione>>

Borrelli: l’impianto accusatorio e’ stato confermato

Paolo Colonnello

MILANO

UNA sconfitta? Macche’. Un <<mea culpa>>? Non ci pensa nemmeno. Almeno un filo di nervosismo? Niente.   Anzi, cinque minuti dopo la lettura della sentenza che certifica la quarta assoluzione di Silvio Berlusconi in appello, il procuratore generale Francesco Saverio Borrelli se ne sta nel suo ufficio a cento metri dall’aula della  seconda sezione d’appello ostentando sorrisi e tranquillita’. Come se quel fatidico <<assolto per non aver commesso il fatto>> che ha regalato al Cavaliere una nuova vittoria giudiziaria, non riguardasse il piu’ duro avversario di Mani pulite, il primo presidente del Consiglio inquisito da una procura nella storia repubblicana, ma un signore qualunque, protagonista di una vicenda qualunque, cui la giustizia, dopo vari tira e molla, ha riconosciuto se non proprio l’estraneita’ ai fatti contestati per lo meno una non colpevolezza.

Davvero, dottor Borrelli, non vive quest’assoluzione di Berlusconi come una sconfitta?

<<Certo: e perche’ dovrei?>>

Perche’ quattro processi e nessuna condanna e’ un risultato da ko per una procura come questa.

<<Intanto bisogna fare dei distinguo. Piu’ che un’assoluzione quest’ultima sentenza ha proclamato una prescrizione e un proscioglimento>>.

Una sottigliezza che forse al cittadino della strada poco importa.

<<Ma a noi si’. Perche’ la Corte d’appello ha confermato il nostro impianto accusatorio riconoscendo la realta’ di  tutti e quattro gli episodi contestati di corruzione. Non ci sono state condanne perche’ e’ passato troppo tempo dai  fatti presi in esame e il reato si e’ estinto. Ma questo e’ un problema di carattere generale>>.

Rimane il fatto che per voi si e’ trattato di una sconfitta.

<<L’esito di un processo non e’ mai una vittoria o una sconfitta, e’ solo il naturale sbocco di quanto e’ stato  raccolto dal punto di vista probatorio. E qui le prove sono state evidentemente ritenute valide>>.

In parte.

<<In buona parte, e lo stanno a dimostrare le conferme per le altre condanne. E’ il cammino, sempre difficile, della  ricerca della verita’. Noi non dobbiamo ne’ possiamo vivere una sentenza come vittoria o sconfitta. Non siamo   parti private che hanno interessi nel processo>>.

Per questo processo, Silvio Berlusconi, quando era presidente del Consiglio, venne raggiunto da un’informazione di garanzia e interrogato in procura una domenica di dicembre del 1994. La vita politica nazionale ne e’ stata invelenita per anni. Ora ci si chiede: tutto questo e’ accaduto perche’ si arrivasse a un’assoluzione?

<<Tutto questo e’ accaduto per la ricerca della verita’. Le nostre accuse, ripeto, non erano campate per aria. Il fatto che l’impianto accusatorio sia stato confermato dimostra che l’informazione di garanzia che inviammo all’epoca a  Silvio Berlusconi non era inutile>>.

Dopodiche’, da oggi, forse le polemiche vi travolgeranno.

<<Alle polemiche non rispondero’ per nulla: ci siamo abituati>>.

Come considera il fatto che nella procura un tempo tanto ambita di Mani pulite, ben 35 magistrati abbiano chiesto  recentemente di essere trasferiti. Un segno di "disamore" o di "disarmo"?

<<Nessuno dei due. Intanto va detto che le corsa alla procura di Milano e’ iniziata ancora prima di Mani pulite. Bisognera’ vedere adesso a fronte di quanti hanno chiesto d’andarsene, quanti hanno fatto richiesta per venire qui. In parte si tratta di ricambi fisiologici. E poi e’ pressoche’ inevitabile che in una fase di transizione come questa ci siano degli assestamenti. Infine credo che sia mancato, a fronte di un aumento dei processi dovuto all’introduzione  del giudice unico, un aumento degli organici dei pubblici ministeri da impegnare nelle udienze. Questo ha comportato un aggravio di lavoro che e’ andato ad aggiungersi alla sensazione di disordine imputabile a fattori logistici e oggettivi>>.

Niente a che vedere con le incessanti polemiche che da anni assediano la procura?

<<No, non credo proprio, forse per qualcuno potra’ esserci anche una sensazione personale ma non ne farei una  questione generale. E poi una volta si diceva: tanti nemici, tanto onore>>.

 

<<Dopo tanto fango, la  verita’ viene a galla>>

LE TAPPE DEL PROCESSO TANGENTI

Il leader azzurro: ora chi paghera’ i danni a me e al Paese?

Ugo Magri

ROMA Il leader del Polo avrebbe voluto sfogare la propria gioia e amarezza insieme, gridare contro le <<toghe rosse>> che gli <<scipparono>> il governo nel ‘94 rendendogli poi la vita impossibile. Ma l’imputato Silvio Berlusconi sa bene che l’assoluzione di ieri e’ figlia anche di un diverso rapporto con la magistratura, fatto di sobrieta’ e fair play . Percio’ ha imposto al Berlusconi politico di starsene buono. E cosi’ la reazione del Cavaliere alla piu’ clamorosa delle sentenze, quella che dopo sei anni gli da’ la rivincita nei confronti del Pool e di Di Pietro,  si e’ tradotta in sole cinque righe di comunicato. <<La verita’ viene alla luce>>, dichiara Berlusconi da Arcore, <<dopo che e’ stato fatto cadere un governo legittimamente eletto, dopo che e’ stata condannata un’intera parte politica, dopo che sono state gettate tonnellate di fango sulla mia immagine, in Italia e all’estero>>.

Voglia di vendetta nei confronti dei pm milanesi? Se c’e’, non trabocca dal commento a caldo: <<Mi chiedo>>, si  limita ad aggiungere il Cavaliere, <<chi mai potra’ cancellare i danni provocati a me, al mio movimento, alla coalizione di centrodestra e al Paese da una giustizia palesemente politica>>. Nessun brindisi per la sentenza, garantisce il portavoce Paolo Bonaiuti, che gli ha comunicato via telefono la lieta novella appresa dalle agenzie,  proprio mentre su un’altra linea l’avvocato Amodio stava chiamando dal palazzo di giustizia. Pare che la laconica reazione di Berlusconi sia stata: <<Ah! Davvero? Bene, bene...>>. Poi un certo rammarico, espresso all’avvocato, per quelle tre prescrizioni che non gli consentono di vincere su tutta la linea. Infine, di nuovo in riunione con i piu’ stretti collaboratori, mentre la fedele Marinella metteva in fila le tante telefonate di rallegramento, tra le piu’ tempestive quella di Gianfranco Fini che poi ha dichiarato: <<L’assoluzione e’ un fatto politico di primaria importanza>>, perche’ certifica <<quanto il centrodestra ha sempre saputo e denunciato: la procura di Milano determino’ il sovvertimento della volonta’ popolare>>.

Parla al passato, Fini, ma pensa al futuro: una condanna di Berlusconi in appello ne avrebbe azzoppato le speranze  di tornare alla guida del governo. Difficilmente Ciampi, in caso di vittoria elettorale, gli avrebbe dato l’incarico.

Ora che l’ostacolo giudiziario e’ scavalcato, il Polo respira con sollievo. Casini e Buttiglione plaudono alla <<bella notizia>>, i colonnelli di Forza Italia dicono quello che il loro capo vorrebbe ma non puo’. Enrico La Loggia,   presidente dei senatori: <<Finalmente sono state smontate le accuse ignominiose rivolte alla sua persona. Abbracciamo Berlusconi per solidarieta’>>. Beppe Pisanu, capogruppo alla Camera: <<Speriamo che chi provoco’  quel danno incalcolabile, muovendo un’accusa infondata, trovi ora il tempo e il modo di vergognarsene>>. Tiziana Maiolo: <<A questo punto, la procura della Repubblica di Brescia proceda contro il Pool e contro i complici politici e istituzionali per il reato di attentato agli organi costituzionali>>.

Nel complesso, pero’, il Polo ha evitato di brandire la sentenza come uno spadone. Addirittura, l’azzurro Frattini  e’ arrivato a sostenere che l’assoluzione di ieri <<rasserena il clima politico>>, e <<conferma la fiducia che in una societa’ liberale ogni cittadino deve nutrire nei confronti della magistratura>>. E’ la linea di dialogo con i giudici, per la quale si e’ molto speso in privato Gianni Letta, fino a convincere il Cavaliere che le barricate non servono.

La svolta fu avviata all’indomani della Bicamerale: il <<baratto>> (riforme istituzionali in cambio di un alt ai pm)  non e’ praticabile, serve mostrare rispetto verso chi regge la bilancia della giustizia. <<C’e’ stata una maturazione, si e’ capito che la difesa nei confronti dei magistrati non deve mai superare certi livelli>>, racconta Michele Saponara, che su questi argomenti e’ tra i piu’ fidati consiglieri del Cavaliere. Un atteggiamento sfociato in taciti patti di non aggressione (vedi l’incontro D’Ambrosio-Pera) e in alcuni recenti convegni di Forza Italia, che hanno allacciato un filo di dialogo. Coi risultati che ieri Francesco Cossiga sintetizzava cosi’: <<Possiamo dire finalmente che non c’e’ un giudice solo a Berlino ma anche a Milano, come a Perugia e Palermo. Sono fiducioso che cio’ avvenga in tutto il Paese>>.

Pera: complotto <<Ormai e’ certo il tentativo ci fu>>

Francesco Grignetti

ROMA

Senatore Marcello Pera, responsabile giustizia di Forza Italia, sara’ soddisfatto della  sentenza di assoluzione per Berlusconi.

<<Certo. Ma resto indignato per quell’episodio che fu di terrore giudiziario>>.

Perche’ quell’episodio, come lo chiama lei, ha tanto valore?

<<Perche’ quell’avviso di garanzia contro l’allora premier ha una speciale portata simbolica.  Silvio Berlusconi fu raggiunto da un invito a comparire sotto i riflettori del mondo. Fu fatto passare per criminale mentre presiedeva la conferenza mondiale sulla criminalita’. Il tutto sulla base di un teorema e senza uno straccio di prova, come si vede dalle decisioni della magistratura giudicante. Ma c’e’ anche altro>>.

Cioe’?

<<Non dimentichiamo il Di Pietro che dice di Berlusconi "In aula quello lo sfascio". Una  dichiarazione di carattere politico>>.

Dichiarazione privata.

<<Si’, pero’ detta ai colleghi magistrati. Se facciamo la somma di teorema e di volonta’  politica, viene fuori che qualcuno accarezzava l’idea di sostituirsi a Berlusconi>>.

Secondo lei era un progetto di Di Pietro o di tutto il Pool?

<<Non so rispondere. Di sicuro c’era lui che aspirava a entrare in politica. E non fu fermato>>.

Antonio Di Pietro, in un colloquio a quattr’occhi con Berlusconi, sminui’ il suo ruolo in  quell’avviso di garanzia.

<<Pura furbizia contadina. Con quello che abbiamo visto in seguito, non mi pare l’unica del  personaggio>>.

Insomma, Pera, lei pare piu’ convinto che mai di un disegno politico nelle azioni della  magistratura.

<<Io dico che di sicuro c’era una forte voglia di sostituire Berlusconi alla guida del Paese. Se  poi quella voglia era concertata con qualcuno, se conosciuta anche piu’ in alto, questa e’ materia da accertare>>.

All’epoca alcuni ministri gridarono all’attentato ad organi costituzionali.

<<Un po’ di terrore giudiziario ci fu, questo e’ indiscutibile. Ma forse fu bene lasciar cadere  la cosa. Avrebbe solo aggravato il clima. Con il senno di poi, pero’, una riflessione e’ d’obbligo>>.

Dica.

<<Torniamo al clima del 1994. Era partita la caccia al secondo cinghiale. Craxi sistemato  con l’esilio. Andreotti conciato per benino a Palermo. Ci mancava solo Berlusconi>>.

E adesso?

<<Con l’assoluzione per Andreotti, si e’ cancellato il tentativo di seppellire nel fango la  prima Repubblica. Con questa assoluzione, registriamo lo stesso risultato per chi ha cercato di  seppellire anzitempo la neonata seconda Repubblica>>.

Ma queste assoluzioni non dimostrano che la magistratura in Italia funziona? S’e’ trovato un  giudice anche in Italia, non solo a Berlino! 

<<Magra consolazione. Perche’ siamo qui, dopo sei anni, a festeggiare un’assoluzione per  un’accusa che non doveva mai nascere>>.

Lo dica: fu complotto?

<<Ci fu la tentazione. Non dimentico mica Borrelli, che in quel clima di esaltazione da parte  di molti italiani, si disse "a disposizione, nel caso fosse richiesto, per un servizio di complemento". E cos’era mai, quel "servizio di complemento" se non il sostituirsi alla politica?>>.

 

21 NOVEMBRE ‘94 SUL VERTICE ANTI-CRIMINALITA’ DI NAPOLI PIOMBA L’<<INVITO A   COMPARIRE>> DEL POOL

L’<<avvisone>> cambio’ la storia Un colpo annunciato da mesi di veleni

Filippo Ceccarelli

ALLA fine arrivo’: il 2 novembre del 1994. In fondo, gli astrologi italiani, convenuti un mese prima ad Arco di  Trento per il XVII congresso di Astra , avevano sbagliato di poco, profetizzando per il giorno 18 il momento in cui il governo avrebbe dovuto affrontare una grave crisi. La settimana prima era stato Cuore a pubblicare un finto <<invito a comparire per persona sottoposta a indagine>> da parte della Procura della Repubblica di Milano, invitando i suoi lettori ad avvisare in massa il <<miliardario ridens>>. Di iniziative giudiziarie, del resto, si parlava in quei giorni con una certa facilita’, e pure con improvvide ripercussioni sui mercati, e relative accuse di speculazione.

Il comico Benigni, alla fine di ottobre, era andato a Raiuno, da Pippo Baudo, e li’ per un quarto d’ora aveva detto  cose buffe e tremende su Berlusconi, senza mai nominarlo - <<Si’, quello amico di Craxi>>; <<quello che ha i  debiti>>; <<quello con il fratello inquisito>> - ma in tal modo risultando ancora piu’ trasparente e corrosivo. Frattanto, l’ Economist in edicola con un articolo intitolato <<Silvio Shinawatra>> lo paragonava a un miliardario thailandese, che non era il massimo per un presidente del Consiglio italiano.

Questo per dire l’atmosfera. A riguardarsi i giornali di quei giorni turbolenti, l’avvisone destinato a deviare la  storia politica italiana non arrivo’ a freddo. O almeno: non piombo’ esattamente all’apice del consenso nei   confronti del presidente del Consiglio. Quando i due ufficiali del Reparto Operativo dei Carabinieri di Milano si presentarono a Palazzo Chigi con la fatidica busta arancione, Berlusconi non c’era, cosi’ furono ricevuti da Giampiero Massolo, un diplomatico che oggi e’ il portavoce del ministro Dini.

In quel momento il Cavaliere era a Napoli e per tutto il giorno aveva presieduto una conferenza internazionale  sulla criminalita’ - 140 i Paesi rappresentati - che in pratica era stata decisa sei mesi prima, d’intesa con Clinton al  vertice sempre napoletano del G7: quello in cui Berlusconi, brindando nella cornice meravigliosa della reggia di  Caserta, aveva non s’e’ mai capito bene se auspicato o messo sull’avviso i Grandi della Terra sulla possibilita’ di  concepire, quella notte li’. A novembre, invece, si combatteva il crimine e si pensava anche di insediare in Italia un’alta scuola per funzionari di polizia di tutto il mondo. E invece...

Il 21 era un lunedi’ e il fondatore di Forza Italia aveva appena perso un giro di elezioni locali. C’era la questione  delle pensioni in piedi, e Avvenimenti aveva pubblicato un opuscolo di 14 pagine con 1000 slogan contro il  presidente, che pure deteneva il record di ingiurie (300) censite nel prezioso volume appena uscito - << Insultopoli >> - per la cura del professor Lotti. A Vigevano s’era appena formato il club <<GiB>>, che voleva dire <<Gufate il Berlusconi>>. Probabilmente la Lega aveva gia’ deciso di rompere. <<L’hanno messo sulla graticola>> diceva Craxi da Hammamet. E giusto per restare in argomento napoletano, con l’uomo che stava ricevere quel colpo, lo   stesso uomo che si lamentava di tornare a casa e <<di trovare i miei figli in lacrime per come vengo dipinto nelle piazze>>, ecco, se l’era presa pubblicamente anche il vicepresidente dell’associazione dei pizzettari, signor Pace, cui non era piaciuta un’equiparazione berlusconiana - invero un po’ ardita - tra mafia e pizza.

Insomma: il Cavaliere seppe a Napoli, nella suite <<Caruso>> dell’hotel Vesuvio, poco prima di recarsi al teatro  San Carlo per un concerto di Pavarotti. E fu subito un mostruoso intrecciarsi di telefonate durato tutta la notte.

Bruno Vespa ha piu’ volte ricostruito (l’ultima nel suo piu’ recente << Dieci anni che hanno sconvolto l’Italia >>) quei momenti con grande meticolosita’. Oltre al Vesuvio e a Palazzo Chigi, infatti, il terremoto ebbe subito come  epicentri supplementari la Procura di Milano e il Quirinale, con il colloquio telefonico in cui Borrelli diede notizia a Scalfaro dell’inoltrata busta; quindi la sede del Corriere della Sera , che ebbe la notizia dell’avvisone non si sa da chi, ma comunque la pubblico’, unico fra tutti i giornali; e infine Parigi, dove era volato Tonino Di Pietro dopo  aver scritto il provvedimento, per interrogare Mach di Palmstein.

Ma tutta questa ragnatela si e’ venuta a conoscere dopo, nel corso di cinque anni: a spizzichi e a bocconi,  oltretutto, e un po’ anche in modo controverso, con versioni che cambiavano, nuove figure che entravano in gioco e i diversi protagonisti che seguitavano a giocare a seconda delle circostanze. 

Sul momento colpi’ moltissimo che, come vetrina per l’avvisone, fosse scelto proprio quel convegno. Il piu’ chiaro  fu l’attuale vicepresidente berlusconiano del Senato, Mimmo Contestabile: <<L’hanno fatto apposta per   sputtanarlo a livello mondiale>>. Il 22 mattina Berlusconi ando’ via da Napoli mogio mogio, pero’ la sera gia’ raccontava barzellette a Mubarak. Nei giorni seguenti giuro’ sulla testa dei figli, quindi si proclamo’ <<unto del Signore>>. E siccome l’Italia e’ sempre l’Italia, l’onorevole Meluzzi, che oggi vorrebbe tanto stare con il centrosinistra, o forse no, porto’ in piazza 550 azzurri con le bandiere.

Messaggero del 10-05-2000

Per le tangenti alla Finanza era stato condannato a due anni e nove mesi. In Appello applicate tre prescrizioni - Berlusconi assolto. E’ la quarta volta - Il Cavaliere: <<Hanno fatto cadere un governo, chi risarcisce i danni?>>

ROMA

Tangenti alla Guardia di Finanza, Silvio Berlusconi assolto in appello. E’ la quarta vittoria in  secondo grado del Cavaliere, che in primo era stato condannato a due anni e nove mesi. E con l’assoluzione per Telepiu’ scatta la prescrizione per Videotime, Mediolanum e Mondadori. Esulta Berlusconi per la sentenza, anche se con amarezza ricorda che <<la verita’ viene alla luce dopo che e’ stato fatto cadere un governo legittimamente eletto, dopo che e’ stata condannata un’intera parte politica, dopo che sono state gettate tonnellate di fango sulla mia immagine in Italia e all’estero. Chi risarcisce i danni?>>

L’assoluzione del Cavaliere/ In primo grado, per Telepiu’, fu condannato a 2 anni e 9 mesi

di RENATO PEZZINI

MILANO - Una assoluzione e tre prescrizioni. Una sentenza difficile da spiegare nei suoi risvolti tecnici,  ma semplicissima per il risultato che porta con se’: Silvio Berlusconi esce dal processo per le tangenti  alla Guardia di Finanza senza danni penali. Intendiamoci: le tangenti (380 milioni) sono state pagate. E per questo, ieri, la Corte d’Appello ha confermato le condanne a ex Fiamme Gialle e a un gruppo di dirigenti della Fininvest. Pero’ i giudici  hanno stabilito che in uno dei quattro casi contestati il Cavaliere non c’entrava. Per gli altri tre, invece, e’  passato troppo tempo: impossibile emettere un verdetto di condanna o di assoluzione. In gergo tecnico:  prescrizione.

Ora c’e’ chi esulta a meta’, come gli avvocati di Berlusconi: <<Non ci basta la prescrizione, vogliamo  l’assoluzione piena. Per questo ricorreremo in Cassazione>>. C’e’ chi esulta trionfalmente: basta guardare i commenti del Polo. E c’e’ chi non vuole sentir parlare di sconfitta, come l’ex procuratore capo Borrelli: <<Sconfitta? Non mi pare: il nostro impianto accusatorio e’ stato confermato. E’ la dimostrazione che l’avviso di garanzia inviato a Berlusconi non era inutile>>.

Questione di interpretazioni, di cavilli, di bicchieri mezzi vuoti o mezzi pieni. Rimane il fatto che questa  e’ la vicenda per la quale il Cavaliere u’ allora presidente del Consiglio u’ ricevette nel novembre ’94 un avviso di garanzia che causo’ un terremoto politico: e per una questione cosi’ importante, la giustizia italiana non e’ riuscita a emettere un verdetto chiaro. O meglio: ce l’aveva fatta il Tribunale di primo grado, con una condanna a 2 anni e 9 mesi; l’Appello e’ arrivato fuori tempo massimo. Rimarra’ per sempre il dubbio, quindi, se il Pool forzo’ la mano o se invece agi’ correttamente; se c’erano elementi concreti per inchiodare il leader di Forza Italia, o se era un semplice teorema. 

I fatti ci riportano all’estate di sei anni fa, quando il pool di Mani Pulite indagava sulle tangenti intascate  da agenti della Gdf in cambio di verifiche fiscali a dir poco blande. Scopri’ che per quattro volte i dirigenti della Fininvest avevano versato l’obolo: in occasione dei controlli alla Mediolanum, alla Mondadori, e a Videotime avvenuti fra l’89 e il ’92; poi durante una verifica a Telepiu’ del ’94 (le date sono importanti). 

Il Pool fece arrestare sia i finanzieri corrotti che alcuni manager Fininvest. Quasi tutti ammisero le  proprie colpe. E lo fece anche Paolo Berlusconi (fratello di Silvio) che si accollo’ la responsabilita’ di aver dato l’ordine di pagare. Ma nei magistrati rimase il tarlo: possibile che il Cavaliere, maniacale nel   controllare i dettagli delle sue aziende, non ne sapesse niente? Inseguendo il sospetto, inciamparono nel caso dell’avvocato Berruti (oggi deputato di Forza Italia) che nei giorni piu’ caldi delle indagini aveva tentato di convincere alcuni uomini della Fiamme Gialle a tacere, in caso di arresto, le vicende dei soldi  ricevuti dalla Fininvest. Non solo: il Pool aveva scoperto che il via libera al depistaggio era partito pochi istanti dopo una visita dello stesso Berruti a palazzo Chigi, dove di casa stava Berlusconi.

Qualcuno nel Pool la chiamo’ <<la goccia che ha fatto traboccare il vaso>>, una goccia che porto’  all’avviso di garanzia per il Cavaliere, alla richiesta di rinvio a giudizio, al processo di primo grado (unico assolto: Paolo Berlusconi), al processo di Appello. 

E siamo a ieri. Con la conferma delle condanne per quasi tutti i finanzieri e i manager (onorevole Berruti  compreso: quindi ci fu tentativo di depistaggio), ma con una riduzione delle pene. E con il grande punto interrogativo sul Cavaliere.

Berlusconi e’ stato assolto con l’ambigua formula del 530 secondo comma (la vecchia insufficienza di  prove) per la tangente del ’94 a Telepiu’: la Fininvest aveva solo una partecipazione nella pay-tv - almeno formalmente - e per i giudici non e’ detto che fu lui ad avallare il pagamento, anche perche’ si era gia’ buttato anima e corpo in politica.

Per i tre episodi precedenti la questione e’ piu’ complicata. Si verificarono nove anni fa, un periodo che  avrebbe potuto essere preso in considerazione solo se "legato" alla piu’ recente vicenda di Telepiu’, o se i giudici avessero rifiutato di concedere le attenuanti generiche al leader di Forza Italia, cosi’ come fece il Tribunale di primo grado. La questione Telepiu’, invece, e’ stata tolta di mezzo con l’assoluzione, e le  attenuanti sono state concesse. Quindi prescrizione. Quindi nessuna verita’. A Berlusconi rimangono da pagare le spese processuali: un dettaglio non secondario, ma pur sempre un dettaglio.  

LA VICENDA  - <<Bastone e carota>>

MILANO - Nato con l'avviso di garanzia consegnato a Silvio Berlusconi il 21 novembre 1994 mentre, da  presidente del Consiglio, si accingeva ad aprire a Napoli il convegno internazionale dell'Onu sulla criminalita’ organizzata, il processo al fondatore della Fininvest per le tangenti alla Guardia di Finanza sara’ ricordato come quello <<del bastone e della carota>>. Grazie a questa frase detta dal presidente della settima sezione del Tribunale, Carlo Crivelli, al Pm Gherardo Colombo che si lamentava per una decisione che riteneva favorevole alla difesa, a udienza finita, ma a microfoni delle tv ancora accesi, il processo che stava per giungere a conclusione ricomincio’ da capo, perche’ il giudice decise di astenersi dopo le critiche ricevute dalla Corte d'Appello. I dirigenti Fininvest ammisero di aver pagato tangenti alle Fiamme Gialle durante le verifiche compiute nel 1989 a Videotime, nel 1991 alla Mondadori e nel 1992 alla Mediolanum Vita. Ma tutti affermarono di aver agito all'insaputa di Berlusconi

LA PRESCRIZIONE - Il reato si "cancella"

ROMA - Che cos’e’ la prescrizione? E’ il decorso del tempo che opera come causa di estinzione  del reato o della pena. <<Le norme sulla prescrizione dei reati - scriveva la Cassazione, prima sezione penale, nella  sentenza n.4216 dell’86 - costituiscono l’espediente di carattere formale escogitato dal nostro legislatore per realizzare quella finalita’ di carattere sostanziale, costituita dalla "durata ragionevole" del processo penale, che e’ tutelata dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e che e’ da tale norma riconosciuta all’imputato, quale suo diritto soggettivo perfetto>>. Dalla fine del ’99, oltre alla Convenzione europea c’e’ anche il nuovo articolo 111 della  Costituzione italiana che riconosce questo diritto all’imputato.

Nel caso di Berlusconi la prescrizione ha estinto il reato di corruzione per tre episodi. I giudici  d’appello hanno calcolato che con le attenuanti in concreto il reato si prescrive in cinque anni.

<<Tempi troppo lunghi, e’ uno dei problemi che affliggono il Paese>>

ROMA - Questa assoluzione ribalta l’accusa? 

<<Noi non facciamo commenti politici sulle sentenze - risponde Carlo Leoni, responsabile giustizia dei Ds - qualunque siano le caratteristiche e l’esito>>.

Ma quell’avviso di garanzia provoco’ la delegittimazione del governo in carica davanti a una  platea internazionale e apri’ una vertenza giudiziario-politica che ebbe il suo esito con la caduta del governo?

<<La caduta del governo Berlusconi avvenne per una ragione tutta ed esclusivamente politica. Si ruppe  la maggioranza che sosteneva quel governo e l’accordo tra il Polo e la Lega. Non fu determinata dalle iniziative della magistratura>>.

Ci fu un accanimento giudiziario?

<<Questa tesi noi l’abbiamo sempre confutata. Era falsa prima ed e’ falsa oggi. Da uomini che  rappresentano le istituzioni e da chi aspirerebbe a dirigere il Paese occorre un atteggiamento piu’ rispettoso nei confronti del funzionamento della giustizia>>.

Nel merito?

<<La prescrizione dei reati e’ uno dei problemi principali del nostro paese>>.

Vuole accusare gli imputati anche di questo?

<<Certamente no. Non e’ colpa degli imputati ne’ dei magistrati, ma dobbiamo rendere la giustizia  italiana piu’ spedita e questo riguarda decine di persone e processi>>.

M. Cof.

 

<<E’ crollata un’accusa che colpi’ l’immagine dell’Italia>>

ROMA - Gaetano Pecorella, avvocato e parlamentare di Forza Italia, non ha dubbi:

<<L’assoluzione di  Silvio Berlusconi al processo per le presunte tangenti alla Guardia di Finanza consente di dire che l’accusa a suo tempo mossa da Antonio Di Pietro e’ fallita>>. 

Quanto influi’ l’accusa sulle vicende politiche di quegli anni?

<<Fu certamente un fatto determinante. In quel momento Berlusconi era Presidente del Consiglio e la  sua immagine in Italia e all’estero non pote’ non essere colpita da quell’informazione di garanzia pubblicata in prima pagina dal Corriere della Sera. Oggi assistiamo alla fine di un’accusa che ha cambiato almeno in parte la storia del nostro Paese>>.

Un’accusa caduta ma anche una prescrizione. Che significa?

<<E’ semplice. C’erano quattro episodi: per uno di questi il tribunale ha ritenuto che non ci fossero  elementi per arrivare alla condanna. Per gli altri tre, invece, era maturata la prescrizione. E allora diventa un obbligo per i giudici fermarsi alla constatazione che non e’ stata raggiunta la prova evidente dell’innocenza. Credo che non sia una scelta politica, ma solo un meccanismo imposto dal codice>>.

Si parla di danni da risarcire?

<<L’indennizzo presuppone una carcerazione ingiusta, che non c’e’ stata. Ci sono invece indizi di un  intento persecutorio: il primo e’ che qualcuno diede la notizia al Corriere da mettere in prima pagina in  quel momento; il secondo e’ la frase di Antonio Di Pietro, "io a quello lo sfascio": lui non era alla ricerca della verita’ o di elementi obbiettivi>>.

L’assoluzione del Cavaliere/ Battibecco La Loggia-Di Pietro al Senato. <<Ora a Silvio la presidenza del Consiglio>>. La replica: <<Per lui solo una prescrizione>>

<<Chi risarcira’ la caduta del mio governo?>> - Berlusconi: danni incancellabili a me, al Polo e al Paese. Fini: il Pool sovverti’ la volonta’ popolare

di PAOLA OREFICE

ROMA - Una vittoria per il Polo. Un trionfo per Silvio Berlusconi. Ma per il leader del centro destra, che  e’ stato assolto in Appello per le presunte tangenti alla Guardia di Finanza, resta l’amaro in bocca per un’accusa che gli piovve addosso mentre, come presidente del Consiglio, nel ’94 presiedeva a Napoli la Conferenza mondiale sul Crimine. Avverte Berlusconi: <<La verita’ viene alla luce dopo che e’ stato fatto cadere un governo legittimamente eletto, dopo che e’ stata condannata un'intera parte politica, dopo che sono state gettate tonnellate di fango sulla mia immagine, in Italia e all'estero>>. E ancora: <<Mi chiedo chi potra’ mai cancellare i danni provocati a me, al mio movimento, alla coalizione di centro destra e al Paese da una giustizia palesemente politica>>.

Un trionfo per il Cavaliere, anche e soprattutto in vista della battaglia per palazzo Chigi. Insomma  davanti a se’ Berlusconi sembra avere un’ostacolo in meno per la presidenza del Consiglio, anche se resta in piedi il problema del conflitto di interessi per il quale, comunque, assicurano i suoi piu’ stretti collaboratori e’ gia’ pronta la soluzione. 

E cosi’ al Senato, in un aula gremita per il voto sul disegno di legge "pulisci liste", sale la tensione. O  meglio, sale la voglia di rivincita. Tanto che Enrico La Loggia, presidente dei senatori di Forza Italia, annunciando l’assoluzione, dice: <<Ora bisogna risarcire il danno ridando a Berlusconi la presidenza del Consiglio che, contro ogni principio di garanzia e di democrazia, gli era stata tolta con calunnie, falsita’ e con anni di fango che ora ricadranno su chi lo ha gettato>>. E nasce un acceso battibecco con Antonio Di Pietro: <<E’ scattata la prescrizione, non l’assoluzione>>. Affonda Gianfranco Fini, presidente di Alleanza nazionale: <<Non si puo’ dimenticare che l’avviso di garanzia consegnato nel ’94 al presidente del Consiglio, determino’ di fatto la fine dell’esperienza di governo del Polo>>. Ma non e’ tutto per Fini: <<La Procura di Milano determino’ il sovvertimento della volonta’ popolare>>.

Pier Ferdinando Casini, leader del Ccd, riconosce che il centro destra <<ha dovuto attendere troppi anni  per vedere emergere un frammento di verita’ e questo la dice lunga sull’incivilta’ giuridica che c’e’ stata in Italia in questi anni>>. Anche il segretario del Cdu, Rocco Buttiglione accusa <<il teorema politico-giudiziario che ha condizionato la politica in questi ultimi sei anni>>. 

Cosi’ Francesco Cossiga avverte che questa <<e’ una tappa importante nella normalizzazione della  giustizia italiana>>. Insomma per l’ex capo dello Stato <<l’assoluzione di Berlusconi segna quella distinzione tra pubblico ministero e giudici che consacra la differenza tra accusa e giudice terzo tra le parti>>, e su questo punto il centro destra spinge da tempo affinche’ venga approvata una legge per la  separazione delle carriere.

Quindi Marcello Pera, responsabile Giustizia di Forza Italia, dice: <<Ora che i teoremi sono caduti e le  maschere strappate resta da un lato la soddisfazione per una magistratura che, sia pure con qualche compromesso, riacquista la sua serenita’ di giudizio; dall’altro l’indigazione per un episodio di giustizia da terrore politico che aveva tentato di modificare la storia d’Italia>>. Mentre Antonio Tajani, capogruppo di Forza Italia al parlamento europeo, chiede <<un "mea culpa" in Italia e in Europa con atti politici precisi>>, l’azzurra Tiziana Maiolo reclama l’intervento della Procura di Brescia <<contro il Pool e contro i complici politici e istituzionali>>. Si rivolge, invece, a Antonio Di Pietro Beppe Pisanu, presidente dei deputati di Forza Italia (<<trovi ora il tempo e il modo di vergognarsi>>), definendolo <<un Pm tramontato e politico al tramonto che davanti a questa sentenza non ha saputo ne’ arrossire ne’   tacere>>.

Accuse che Antonio Di Pietro non accetta. E attacca: <<Non si tratta di una sconfitta per il Pool di  Milano, ma e’ una sconfitta per la giustizia perche’ in questi anni si e’ guardato troppo alle norme per i giusti diritti dell’imputato e troppo poco all’altro piatto della bilancia della giustizia>>. Piu’ cauti i Ds. 

Carlo Leoni, responsabile Giustizia della Quercia dice che Fini <<dovrebbe ricordarsi che il leader di FI  smise di essere presidente del Consiglio non per iniziativa della magistratura, ma perche’ si ruppe l’alleanza politica con la Lega che sorreggeva il suo governo>>. 

Repubblica del 10-05-2000

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GIUSTIZIA E COMPLOTTI

di GIOVANNI VALENTINI

HA ragione, dunque, Silvio Berlusconi a dire che la giustizia in Italia e’ malata? Si’, ha ragione: quando un  meccanismo giudiziario s' inceppa a tal punto da lasciar cadere in prescrizione reati come la corruzione della   Guardia di Finanza, vuol dire senz'altro che il sistema non funziona o comunque non funziona come dovrebbe.

A buon diritto, percio’, attraverso i suoi legali il leader di Forza Italia si dichiara parzialmente soddisfatto per la sentenza di Milano e annuncia ricorso. Se e’ sicuro di poter dimostrare la propria innocenza anche per i tre capi d' imputazione prescritti, come ha riconosciuto la Corte d'appello assolvendolo per non aver commesso il fatto in un  solo caso su quattro, farebbe bene a raccogliere la sfida lanciata dall'ex pm Di Pietro in Senato rinunciando alla prescrizione per chiedere un giudizio di merito.

IN questo modo, lui per primo e tutti noi con lui avremmo una certezza in piu’ e qualche dubbio di meno. E’  innegabile pero’ che, annullando la precedente condanna, il verdetto riabilita Berlusconi in merito a uno degli episodi piu’ controversi e ambigui della cosidetta "persecuzione politico-giudiziaria". Era il 22 novembre del '94 quando, da presidente del Consiglio in carica, ricevette un invito a comparire nel bel mezzo del Congresso internazionale contro la criminalita’, da lui stesso presieduto. Il meno che si puo’ dire e’ che quella non fu evidentemente una scelta felice ne’ sul piano dei tempi ne’ sul piano dell'opportunita’. Qualche ora o qualche giorno in piu’ non avrebbe cambiato nulla, il premier non sarebbe scappato all'estero e soprattutto il paese avrebbe  evitato una pessima figura a livello universale.

Da qui a invocare ora un risarcimento del danno, "quantomeno ridando a Berlusconi la presidenza del Consiglio"  come auspica con enfasi il capogruppo di Forza Italia al Senato, Enrico La Loggia, il passo e’ lungo. In primo luogo, perche’ - come tutti sanno - il governo Berlusconi cadde un mese dopo per l'uscita della Lega dalla maggioranza. E in secondo luogo, perche’ fino a prova contraria la presidenza del Consiglio passa ancora per la vittoria delle elezioni e la designazione del Capo dello Stato. Dire come ha dichiarato l'onorevole Fini che la Procura di Milano "sovverti’ la volonta’ popolare" significa contrapporre arbitrariamente l'amministrazione della giustizia al mandato parlamentare e quindi alla responsabilita’ di governo.

Nessuno tuttavia puo’ essere tanto ipocrita o ingenuo da sostenere che quell'improvvida iniziativa non influi’ in  qualche misura sul corso della politica italiana: e’ chiaro che la "macchia" sporco’ l'immagine, gia’ di per se’ non  proprio immacolata, di un governo guidato dal Cavaliere e rappresentato tra gli altri da un ministro della Difesa  come Cesare Previti. Quanto poi tutto cio’ abbia pesato sulle scelte degli elettori italiani due anni piu’ tardi, e’ difficile dirlo e naturalmente e’ tutto da dimostrare. Sta di fatto che adesso la sentenza di Milano non fa che  alimentare il vittimismo retrospettivo di Forza Italia e del Polo, confermando una volta di piu’ che l'azione giudiziaria rischia di trasformarsi in un boomerang se non e’ supportata da prove valide e sufficienti.

Altrettanto certo e’ che Berlusconi, nell'esercizio di una legittima difesa processuale, contribuirebbe al miglior funzionamento della giustizia se non ricorresse - come fanno sistematicamente i suoi legali - a tattiche dilatorie,  espedienti piu’ o meno leciti, richieste di rinvi’o e quant' altro, che non giovano a un rapido accertamento della verita’. E questo vale, per lui e per lo stesso Previti, anche nei processi tuttora in corso, come quello sul caso Sme, sul lodo Mondadori. Cosi’ come bisogna aggiungere oggi, di fronte a un verdetto complessivamente favorevole,  che non si puo’ giudicare il lavoro dei giudici a corrente alternata, in base al proprio interesse e alla propria convenienza personale: bene, quando assolvono; male, quando condannano.

Lo diciamo anche in attesa della Cassazione che dovra’ pronunciarsi in via definitiva sulla corruzione della  Guardia di Finanza. Quando il procuratore generale Borrelli commenta infatti che "l'impianto accusatorio e’ stato sostanzialmente confermato", il suo e’ un avvertimento che merita di essere preso in considerazione. Non solo e non tanto per il fatto che tre capi d'imputazione su quattro sono stati prescritti per l'applicazione delle attenuanti  generiche: e non e’ detto che questa valutazione debba essere automaticamente mantenuta nel terzo grado di giudizio. Ma soprattutto per altre ragioni di merito che pure hanno un loro valore.

LA prima e’ che l'assoluzione di Berlusconi, decisa dalla Corte d'appello di Milano, si fonda sull'equivalente della  vecchia insufficienza di prove, prevista in altra forma anche nel nuovo codice e applicata per esempio a Giulio  Andreotti nel processo di Palermo. La seconda e’ che il coimputato Salvatore Sciascia, il funzionario della  Fininvest accusato di aver pagato i cinquanta milioni alla Finanza, e’ stato condannato a due anni di reclusione: il che significa che la corruzione c'e’ stata. La terza e ultima ragione e’ che a vantaggio dell'ex presidente del Consiglio risulta confermato il favoreggiamento dell'avvocato Massimo Maria Berruti, condannato in appello a  otto mesi contro i dieci del primo grado.

Tutto questo non toglie, come abbiamo gia’ detto, che viene a cadere per il momento la condanna di Berlusconi.  Ma inneggiare ora all'assoluzione, prima ancora di una sentenza definitiva, e’ forse prematuro e potrebbe risultare anche fuorviante. Non vorremmo che, nell'eventualita’ di una sentenza contraria della Cassazione, si rivalutasse di colpo la teoria del complotto e dell' accanimento giudiziario.

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Tangenti alla Finanza assolto Berlusconi - Scagionato per Telepiu’, prescritti gli altri reati

L'appello concede al Cavaliere solo l'insufficienza di prove. Il legale: faremo ricorso

di LUCA FAZZO

MILANO - Per la quarta volta l' imputato Silvio Berlusconi arriva davanti ai giudici d'appello: e anche stavolta la  condanna emessa in primo grado viene annullata. Alle 16,20 di ieri - quando il presidente della seconda sezione  della Corte d'appello di Milano, Francesco Nese, legge il dispositivo della sentenza - l'accidentato cammino giudiziario del leader di Forza Italia si arricchisce di un nuovo passaggio. E’ il processo per le tangenti versate dalla Fininvest alla Guardia di finanza: processo delicato, caricato di significati non solo giudiziari dalla vicenda  dell'avviso di garanzia che - proprio per queste accuse - il pool fece arrivare a Berlusconi mentre, in veste di capo del governo, presiedeva a Napoli il vertice Onu sulla criminalita’. Se ieri Berlusconi fosse stato assolto, sul pool si  sarebbero riversate polemiche a non finire. Se fosse stato condannato, la credibilita’ dei reiterati proclami di   innocenza del Cavaliere avrebbe ricevuto uno scossone.

Invece, Berlusconi non viene assolto ne’ condannato. La sentenza stabilisce che e’ colpevole di almeno tre dei  quattro capi d' accusa mossigli dal pool, e per il quarto l'assoluzione arriva solo per insufficienza di prove. Ma questa unica assoluzione, che riguarda il piu’ recente dei reati contestati, fa si’ che i tre reati per cui Berlusconi vede confermare la sua colpevolezza siano ormai coperti dalla prescrizione. Risultato: la fedina penale del leader di  Forza Italia torna immacolata. Ma il percorso attraverso cui la Corte d'appello arriva a questo risultato e’ ben lontano dal soddisfare le aspettative del Cavaliere: tanto che Ennio Amodio, legale di Berlusconi, annuncia immediatamente che ricorrera’ in Cassazione per rimuovere quella che definisce "la piccola macchia della prescrizione". Mentre il procuratore generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli - che questi reati contesto’ personalmente all'allora presidente del Consiglio, nel tempestoso interrogatorio del 13 dicembre 1994 - puo’ legittimamente fare presente che "l' impianto accusatorio e’ stato sostanzialmente confermato, il che conferma che l'informazione di garanzia non era inutile".

Ecco, infatti, come la sentenza pronunciata ieri permette di ricostruire i rapporti illeciti tra il gruppo Fininvest e la Guardia di Finanza. Primo: le tangenti furono effettivamente pagate, non solo quelle ammesse dal gruppo (per  Mondadori, Mediolanum e Videotime) ma anche quella sempre negata per Telepiu’, per cui ieri Berlusconi e’ stato  assolto ma e’ stato invece condannato Salvatore Sciascia, direttore centrale fiscale Fininvest. Secondo: la Fininvest non fu vittima di una estorsione della Finanza, ma corruppe i militari per occultare il reale stato delle societa’ e il  reale assetto societario di Telepiu’, e infatti i finanzieri non vengono condannati per concussione ma per  corruzione. Terzo: Silvio Berlusconi diede personalmente l'ordine di pagare le tangenti Mondadori, Mediolanum e Videotime; se i giudici d'appello lo avessero ritenuto innocente, anziche’ dichiarare prescritto il reato sarebbero stati costretti ad assolverlo. Quarto: quando era presidente del Consiglio, Berlusconi - come riconosciuto gia’ dai  giudici di primo grado - intervenne personalmente nel tentativo di insabbiare le indagini del pool Mani Pulite e impedire che arrivassero alla Fininvest; infatti l'avvocato Massimo Maria Berruti, oggi deputato di Forza Italia, si vede confermare la condanna a otto mesi di carcere per favoreggiamento, avendo cercato di convincere al silenzio il colonnello della Finanza Angelo Tanca andando poi a Palazzo Chigi a riferire a Berlusconi sull'andamento delle pressioni; la prova dell'incontro tra Berruti e Berlusconi sta, secondo i giudici, nel passi di Palazzo Chigi sequestrato a Berruti.

Non e’, come si vede, un quadro edificante. Che pero’ rimane privo di conseguenze concrete per l'imputato  Berlusconi grazie all'unica assoluzione, quella per Telepiu’, che rende prescritti i reati precedenti. Perche’ il Cavaliere sia stato assolto proprio per questa ultima, decisiva imputazione lo si sapra’ con certezza leggendo le motivazioni. Fonti vicine ai giudici spiegano che - essendo Telepiu’ una societa’ a capitale misto, il cui reale dominus non si e’ mai capito chi fosse - era possibile che l'ordine di pagare le mazzette non venisse da Silvio Berlusconi.

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La destra esulta e chiede i danni - Il Cavaliere: "Chi ci risarcira’ dopo tanto fango?"

An: nel 1994 fu la procura a far cadere il governo. I ds: no, fu la Lega ad abbattervi

di ALDO FONTANAROSA

ROMA - E come risarcimento del danno, la presidenza del Consiglio. A poche ore dalla sentenza che assolve  Berlusconi, il Polo e’ su di giri, non dimentica che l'avviso di garanzia arrivo’ al Cavaliere quando era premier in carica, e chiede ora un risarcimento politico, l'unico che conti davvero. "Nel '94", dice Gianfranco Fini (An), "l'indagine su Silvio Berlusconi segno’ di fatto la fine del governo di centrodestra. Dunque la sentenza di oggi, dopo 6 anni di calunnie e malelingue, e’ un atto politico di primaria importanza". Un atto, aggiunge il presidente dei senatori forzisti Enrico La Loggia, che deve portare a un mea culpa e ad una riparazione istituzionale: "Si restituiscano a Berlusconi le chiavi di Palazzo Chigi". Sono parole dette a Palazzo Madama, a seduta in corso, spunto di un breve ma tesissimo confronto con il senatore Di Pietro, che difende il Pool di Milano.

Attraverso le agenzie, poco dopo, il Cavaliere aggiunge che "un'intera parte politica" e’ stata processata con lui, "e  tonnellate di fango sono state rovesciate sulla mia personale immagine, oltreche’ sul mio partito. Questo in Italia e  anche all' estero. Mi chiedo chi potra’ mai cancellare il danno procurato".

"C'e’ da rabbrividire - aggiunge Beppe Pisanu, lui pure forzista - al pensiero che l'accusa cadde nel mezzo di una  Conferenza internazionale dell'Onu, gettando un'ombra pesantissima su Berlusconi premier, sul governo e sulle   istituzioni. Mi domandate di Di Pietro? E' un pm ormai tramontato e un politico al tramonto che, di fronte a questa  sentenza, non ha saputo tacere".

Dal Ccd, Pierferdinando Casini ringrazia gli elettori del centrodestra "che hanno avuto il sangue freddo di credere  sempre all'innocenza del loro leader", regalando al Polo almeno tre vittorie elettorali, nel '94, alle europee del '99 e   infine alle ultime amministrative.

Piu’ che ai pubblici ministeri di Milano, Gustavo Selva di An si rivolge al centrosinistra che avrebbe  "strumentalizzato" i problemi giudiziari del capo di Forza Italia, per "pilotare e avvelenare la vita politica  italiana. Ora si ritrovano con un pugno di mosche in mano". E se Franco Frattini si augura venga chiusa la  stagione dei veleni, Tiziana Maiolo, anche lei di Forza Italia, invoca l'intervento della Procura di Brescia che, per competenza territoriale, puo’ indagare su scelte e comportamenti dei colleghi milanesi: "Mi sembra - dice - un atto urgente".

Dal centrosinistra, a parte Di Pietro, parla Carlo Leoni, il deputato dei Ds responsabile della giustizia, che legge in modo opposto i fatti del '94. Non furono certo i magistrati - dice Leoni - a causare il "capitombolo politico" del    centrodestra neanche in modo indiretto: "La verita’ e’ che Berlusconi naufrago’ nel suo stesso progetto politico,  perche’ la Lega gli volto’ le spalle. Risarcimenti politici? Le chiavi di Palazzo Chigi le restituiscono solo gli  elettori, dopo libere elezioni, e non sono conseguenza di nessuna sentenza. Indagini della Procura di Brescia sulla Procura di Milano? Dovremmo avere un atteggiamento piu’ equilibrato, che vada oltre le convenienze personali.

Non mi sorprende che certe provocazioni arrivino dalla Maiolo, che manca di qualsiasi serenita’".

Incredulo per la reazione del Polo e’ Franco Monaco, capogruppo dei Democratici alla Camera, secondo cui "un  solo reato ha meritato l'assoluzione, mentre tre altre questioni cadono in prescrizione". Bene farebbe il Cavaliere a  rinunciare alla precrizione e a chiedere un'assoluzione nel merito - insiste Monaco - "se e’ davvero cosi’ sicuro della sua innocenza".

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"Accendano un cero invece di cantar vittoria"

Di Pietro: "Berlusconi l'ha sfangata solo grazie alle attenuanti"

MILANO (p.c.) - "I miei mi hanno letto le agenzie stampa da poco, ma forse si sono sbagliati. Davvero non c'e’  nessuno che sta difendendo il pool?".

In cinque ore, a parte lei nessuno, senatore Di Pietro. Ma si sorprende?

"Ma e’ pazzesco, e anche immorale. Qui si stanno imbrogliando tutte le carte. Berlusconi deve solo accendere un  cero a Sant'Antonio, anzi meglio a San Silvio... Non e’ stato assolto perche’ il fatto non sussiste, o non l'ha commesso, i giudici non dicono cosi’. Dicono che, grazie alle attenuanti, i suoi reati sono prescritti. Berlusconi era  gia’ stato condannato in primo grado, con motivazioni anche pesanti, e adesso se la sfanga in appello grazie alla nuova versione del secondo comma dell'articolo 530, che anche lui e i suoi hanno contribuito a legiferare. Lui e un finanziere sono stati condannati a pagare quattro milioni di spese processuali. Il suo avvocato che e’ un tecnico lo sa bene, ha subito detto che ricorre in Cassazione. Non e’ una vittoria di cui inorgoglirsi, la sua". 

Il risultato e’ lo stesso: se pure non e’ una bella vittoria, come sostiene lei, a perdere e’ qualcun altro. Ha perso il pool, ha perso lei: o no?

"Il pool ha portato a casa la vittoria morale di aver combattuto contro i mulini a vento e aver dimostrato la  materialita’ dei fatti, nonostante le tante difficolta’ incontrate. E’ la giustizia che ha perso, e due volte. Una,   perche’ il caso Berlusconi dimostra che troppo poco si e’ fatto per rendere i processi piu’ snelli e celeri. Due,  perche’ le leggi vengono fatte da persone che devono utilizzare a loro favore e velocemente i risultati, non c'e’ la  terzieta’ del legislatore, che dovrebbe pensare al bene comune. Anche questo e’ conflitto d'interessi, come il diritto  negato all' informazione. Una larga parte privata e’ nelle salde mani di un capopartito, sulla tv pubblica c' e’  sempre il controllo del partito, ci bombarderanno dicendo che e’ assolto quando assolto non e’ stato. Ha ritardato, spostato, allungato i tempi".

Ha esercitato il diritto alla difesa...

"Non lo metto in dubbio, ma grazie all'abilita’ tecnica non si e’ arrivati alla verita’ giudiziaria".

Ma lei voleva sfasciare Berlusconi, come ha detto una volta Borrelli?

"Non nel senso che e’ stato dato al verbo. Io volevo sfasciare le sue bugie, quando si sarebbe difeso. E i fatti, cioe’  la condanna in primo grado e una non-assoluzione, ma una fine processuale per prescrizione, hanno dimostrato  che avevamo ragione noi".

Anche a mandare l'avviso di garanzia a Napoli?

"Certo, la legge parla chiaro, noi quando abbiamo appreso un fatto nuovo, che ci ha convinto a metterlo sotto  accusa, dovevamo immediatamente fargli sapere che poteva e doveva difendersi. Quanto al can can dovuto all'avviso di garanzia, ricordo che e’ stato uno scoop, che giudico irresponsabile, e che io ho denunciato subito alla magistratura, a creare il danno d'immagine a Berlusconi, ma anche al pool di Milano... Anch'io ho saputo che ero sotto indagine a mezzo Tg 5, una notte a Istanbul, e mi sono dimesso da ministro, ho sempre detto "processatemi, fate subito che sono innocente", lui dice "aspettate, fermatevi". Non e’ da politico trasparente".

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E Silvio premier sbotto’ a Napoli "Questo e’ un golpe del Pool"

Novembre '94: Berlusconi riceve l'avviso di garanzia al vertice Onu sulla criminalita’

di PIERO COLAPRICO

MILANO - "Vi chiedo qualche minuto di attenzione...". Quando la faccia del presidente del consiglio Silvio  Berlusconi compare in tv, tutta l'Italia sa cos'e’ successo: e’ per la prima volta sotto accusa per mazzette, anche lui   come i vertici dell'industria italiana, come i leader della Prima Repubblica, come suo fratello arrestato qualche mese prima. "Stavo presiedendo la conferenza internazionale contro il crimine organizzato, davanti ai rappresentanti di 140 paesi... In questa situazione - spiega Berlusconi, con uno sguardo duro e risentito, quasi da   cinematografico comandante militare - i magistrati della Procura di Milano hanno deciso di scrivere il mio nome  nel registro degli indagati per il reato di corruzione e mi hanno inviato un avviso di garanzia. Io ovviamente non ho corrotto nessuno".

Parla da super-vincitore delle elezioni, contro di lui ha Antonio Di Pietro e la procura di Milano, che da poco  hanno costretto il governo a ritirare il decreto "salvaladri". Il contrattacco via video e’ massiccio: "Una simile accusa si sciogliera’ nell'aria come una bolla di sapone...", pero’, aggiunge Berlusconi, con tono sempre piu’ disgustato, "e’ successo che la notizia, che per legge dovrebbe restare riservata, e’ stata fatta filtrare a un giornale  allo scopo di colpire politicamente il presidente del Consiglio e sbalzarlo di sella per via giudiziaria". Dunque, "non mi dimetto e non mi dimettero’".

Era il 22 novembre 1994. Ed e’ molto piu’ di una data, e’ una linea di demarcazione, che sempre piu’ si saldera’ a  un altra data simbolo, il 6 dicembre dello stesso anno, quando Di Pietro, finita la requisitoria del processo Enimont, si sfila la toga. Sono queste le due settimane piu’ citate della storia recente dentro e fuori le aule giudiziarie e parlamentari, con polemiche che hanno investito anche il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. E se forse ognuno e’ rimasto con le proprie convinzioni, val la pena di ricordare, con qualche esattezza in piu’ rispetto al passato, come ando’ la storia di "quell'avviso di garanzia a mezzo stampa".

Lunedi’ 21 novembre, qualche minuto dopo le 14. Il nome di Silvio Berlusconi viene iscritto, via computer, con  procedura "anti- intruso", nel registro degli indagati. Due ufficiali dei carabinieri (uno e’ lo stesso che ha   "avvisato" la prima volta Bettino Craxi) partono per Roma con la copia in carta. Vanno a Palazzo Chigi e li’  scoprono che Berlusconi e’ a Napoli. Che fare? Grazie a un uomo dello staff presidenziale, gli telefonano: "Abbiamo una comunicazione per lei". Berlusconi insiste, chiede che gliela si legga per telefono. E' irrituale, ma si  puo’ dirgli di no?

Alle 20.20, il carabiniere telefona al procuratore capo Saverio Borrelli e gli spiega che il giorno dopo consegnera’  l'invito a comparire, le quattro pagine, una per annunciare che "quale controllore di fatto delle societa’ del gruppo Fininvest" Berlusconi deve scegliersi un avvocato e rispondere delle quattro tangenti, le altre tre pagine elencano  quelli che il pool ritiene gli elementi di prova, compreso il "passi" rilasciato dalla portineria di palazzo Chigi a un   uomo Fininvest, Massimo Berruti, ritenuto un inquinatore delle prove.

Borrelli, a sua volta, avvisa Scalfaro, perche’ la portata dell' invito a comparire e’ tale da dover avvisare anche il  presidente della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura. Anche se tutto avviene con enorme   riservatezza, nella notte la seconda edizione del Corriere della Sera riesce a pubblicare la notizia. Non si e’ mai  saputo, ne’ mai si sapra’, chi l' abbia soffiata. Ma da quel momento Berlusconi, che pure aveva ascoltato per   telefono i suoi guai giudiziari, punta con forza su quel dettaglio. A fine mattinata dichiara: "Prendo atto che la notizia e’ stata data direttamente ai giornalisti anziche’ alla persona interessata, con palese violazione del segreto   d'ufficio". Ed in quel lontano '94 nasce l'arma finale delle accuse berlusconiane al pool, la piu’ ripetuta e ossessiva:  aver ordito un "golpe".

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Boccassini "Errore gettare la spugna"

Milano, la grande fuga dei pm

di CINZIA SASSO

MILANO - La lista comincia con Marco Maria Alma, sostituto della Direzione distrettuale antimafia e finisce con quello di Luisa Zanetti, pm "storica" della Procura di Milano. In mezzo ci sono le richieste di Maurizio Romanelli, Margherita Taddei, Giovanna Ichino, Fabio Napoleone, magistrati di grande esperienza. Dunque non e’ vero - come ha cercato di minimizzare il procuratore Gerardo D'Ambrosio - che a chiedere di lasciare l'ufficio dell'accusa  piu’ famoso d'Italia siano soltanto "i giovani e le donne", in gran parte nomi sconosciuti alle cronache, traumatizzati dal passaggio imposto dal giudice unico. E il Csm ha colto nelle richieste di trasferimento - 35 sostituti, quasi il 50% - un segnale preoccupante tanto che due consiglieri di Md, Nello Rossi e Gianfranco Gilardi, hanno suggerito "un'audizione tempestiva" e un "monitoraggio della situazione di difficolta’ e di malessere".

Tra i 35 che hanno chiesto di lasciare la Procura, c'e’ chi racconta di non poterne piu’ del clima di polemiche e  attacchi che circonda il lavoro dell'accusa; chi ammette di voler buttare la spugna perche’ i carichi di lavoro, con la  riforma del giudice unico, sono diventati insostenibili e la macchina giudiziaria un mulino che macina a vuoto; chi  - ed e’ la maggior parte - si dice preoccupato da un fantasma, quello della separazione delle carriere. Se il referendum sulla separazione tra carriera giudicante e inquirente passasse, non si sa bene che succedera’, pero’ per  molti quel quesito ha il potere di evocare scenari preoccupanti che spaziano dall'obbligo di dover ricoprire per sempre il ruolo di pm al timore che si vada alla dipendenza del pubblico ministero dall'esecutivo.

Non condivide i timori dei colleghi Ilda Boccassini, 23 anni da pm alle spalle, da sempre in prima linea ieri contro  la mafia oggi contro la corruzione, ma anche impegnata in quei famosi massacranti turni esterni, tanto che proprio quand'era di turno le e’ capitato di occuparsi dell'omicidio dell'orefice Ezio Bartocci e poi del sequestro  Tacchinardi. Due anni fa aveva avuto la tentazione di chiedere il passaggio alla Dna, poi ha revocato la domanda  perche’ andarsene avrebbe significato "lasciare l'ufficio in un momento delicato". E anche oggi il momento e’  delicato: "Io - dice - capisco la stanchezza, ma penso che questo catastrofismo non faccia bene anche perche’ non si infonde sicurezza nei cittadini che, soprattutto da noi, ne hanno bisogno". "Credo - aggiunge - che non si possa gettare la spugna, tanto piu’ in un momento di difficolta’ e tanto piu’ da parte degli "anziani" che sono quelli che dovrebbero dare il buon esempio". Nessun timore, per la Boccassini, puo’ derivare dal referendum: "L'autonomia - dice - e’ qualcosa che si conquista comunque, in ogni situazione"; ne’ ha senso abbandonare la armi per le difficolta’ imposte dalle riforme. Quella del giudice unico, dice Boccassini, "e’ una buona riforma". E aggiunge:   "Ho fiducia, e credo che alle riforme bisogna dare il tempo di assestarsi; ai magistrati e agli avvocati di adeguare la  cultura giuridica; al Parlamento di completare l'opera con una robusta depenalizzazione".