Corriere della Sera  del 08-03-2001

Politica

Rogatorie con la Svizzera Magistrati all’attacco

Md, la corrente di sinistra dell’Associazione nazionale magistrati, attacca per bocca del segretario Castelli il Parlamento per non avere ancora ratificato la convenzione con la Svizzera sulle rogatorie. Intanto, però, al Senato le commissioni Giustizia ed Esteri torneranno a riunirsi oggi per esaminare il provvedimento. Da una parte la maggioranza pronta ad approvare uno stralcio al disegno di legge, dall’altra il centrodestra contrario.


Repubblica del 08-03-2001

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L'appello di Borrelli "Varate quella legge"

"Non vincano gli interessi custoditi Oltralpe" Il Pg di Milano: rogatoria indispensabile per colpire i capitali occulti

LIANA MILELLA

MILANO - Un forte appello al Parlamento perché, anche sul filo di lana, sigli l'accordo tra l'Italia e la Svizzera sulle rogatorie. Lo lancia, da Milano, il procuratore generale Francesco Saverio Borrelli che non nasconde la sua "profonda meraviglia" di fronte al rischio che una semplice ratifica, che "richiederebbe solo un quarto d'ora di lavoro", possa saltare. Evidentemente, sottolinea Borrelli, "troppi, e troppo forti, sono gli interessi che vengono custoditi nei forzieri d'Oltralpe".
Dopo anni di insistenze sulla lentezza delle rogatorie e sul rischio prescrizioni, che impressione le fa vedere che il Parlamento sta facendo saltare il trattato Italia e Svizzera?
"Debbo confessare che ho appreso con vero sconcerto, dalla stampa degli ultimi giorni, che questa legislatura rischia di chiudersi senza che la ratifica del trattato con la Svizzera abbia compiuto il suo cammino. Parlo di sconcerto perché la Svizzera, come una sorta di isola extracomunitaria nell'Europa occidentale, è stata da sempre uno dei rifugi di più facile accesso per quanti volevano nascondere o reimpiegare i capitali di provenienza illecita. E da sempre la prova per dimostrare delitti a bassa visibilità, com'è tipico della corruzione, è stata condizionata dalla possibilità di cogliere e individuare le tracce dei movimenti dei capitali occulti".
Lasciare che i rapporti giudiziari tra i due Paesi continuino a essere difficili significa ostacolare i processi?
"Noi magistrati, per molti anni, ci siamo lamentati per le pastoie burocratiche frapposte alla collaborazione giudiziaria e per una spiegabile, tenace riluttanza del sistema bancario svizzero ad aprire spiragli sulla propria clientela. Finalmente - e debbo proprio usare questa espressione - la Confederazione è stata indotta a compiere un passo deciso sulla via della collaborazione giudiziaria, anche grazie alla sensibilità dimostrata dalla procura generale di Berna. E in Italia, l'allora Guardasigilli Giovanni Maria Flick ha firmato un trattato che è foriero di innegabili vantaggi per rendere più veloci i rapporti di reciproca assistenza giudiziaria".
Ma il punto è proprio qui. Tutti parlano bene di quell'accordo, ma perché dall'ottobre del ‘98 la maggioranza non lo ha sollecitato?
"Il nostro Paese, purtroppo, rispetto ad altri è sempre stato tardigrado nella ratifica dei trattati. Cito per tutti, perché mi sembra un caso davvero esemplare, quello della convenzione dell'Ocse in tema di corruzione. La circostanza che un solo ramo del Parlamento si sia pronunciato e che si possa giungere alla fine della legislatura senza che la pur intensa attività legislativa delle Camere abbia potuto trovare quel quarto d'ora di tempo necessario per mettere in votazione al Senato la ratifica del trattato francamente mi stupisce assai. Ma forse lo stupore è frutto di ingenuità giacché le ragioni per differire alle calende greche questo atto potrebbero essere ben altre dalla semplice constatazione di una pigrizia e di una trascurataggine. Troppi e troppo forti sono gli interessi che vengono custoditi nei forzieri d'Oltralpe".
Potrebbe esserci stata una sorta di dolo, una trasversalità negativa tra Polo e Ulivo?
"Diciamo che, dall'esterno, è sembrato che non ci fosse fretta".
Sicuramente Forza Italia è contro il trattato. Ma non le pare che sia "colpevole" anche il governo?
"Probabilmente, preso da tanti problemi che riguardano la giustizia, non ha esercitato una sufficiente pressione perché l'iter parlamentare del provvedimento venisse accelerato. E la scala delle priorità di questa fine legislatura, stranamente, ha finito con il lasciare in secondo piano l'argomento, nonostante lo scarsissimo aggravio che sarebbe derivato al lavoro della Camera alta".
Perché tutti parlano di cooperazione giudiziaria internazionale e poi non si riesce a ratificare una dozzina di pagine di convenzione?
"Qui a Milano, come magistrati, siamo molto impegnati in seminari a livello internazionale sulla corruzione, sulla criminalità organizzata e sul riciclaggio. C'è poco da dire: questa vicenda, se dovesse chiudersi con un fallimento, non potrà non suscitare molte perplessità non solo in Svizzera, ma tra tutti i partner europei".
Dal ‘92 voi avete segnalato i ritardi nell'arrivo delle informazioni bancarie dalla Svizzera che avrebbero provocato la prescrizione. Oggi non si sente una Cassandra inascoltata?
"Sin dall'inizio della stagione di Mani pulite ci siamo resi conto che la lentezza o addirittura l'assenza delle risposte alle nostre commissioni rogatorie, ma anche la pesante bardatura di garanzie che consentiva ricorsi e controricorsi ai titolari di conti segreti nelle banche svizzere, avrebbero rappresentato un ostacolo gravissimo per le nostre indagini, paralizzandone alcune o diluendone talmente nel tempo altre da farle giungere a ridosso dei tempi di prescrizione".
Ben prima che venisse approvato il giusto processo vi battevate per modificare un sistema lento. Non c'è una contraddizione tra la battaglia per il 111 e l'indifferenza per le rogatorie?
"L'osservazione è pertinente, giacché l'enunciazione del principio della ragionevole durata dei processi sembra talvolta ridursi a una sorta di simbolica tirata d'orecchi alla magistratura, quasi che i giudici trovino gusto nel baloccarsi con le carte e con i bizantinismi delle questioni giuridiche. In realtà, come ho sottolineato anche nel mio discorso all'inaugurazione dell'anno giudiziario, la ragionevole durata è una direttiva che non può non riguardare tutte le componenti dell'apparato giuridico, a cominciare dalla normativa processuale per finire all'organizzazione degli uffici e alla rapidità nei provvedimenti che la riguardano. Ma essa dipende anche dalla sollecita approvazione di tutti quegli strumenti normativi e amministrativi che sono coefficienti irrinunciabili di una gestione sollecita delle liti civili e dei processi penali".
Allora esiste una contraddizione evidente tra il 111 e il far volutamente fallire il trattato sulle rogatorie?
"Non c'è chi non veda il contrasto tra l'inserimento, peraltro in sé sacrosanto, di questo principio nella Costituzione e la lentezza con cui si portano a maturazione provvedimenti che vanno proprio nella stessa direzione".
L'altro giorno il presidente della Repubblica, al Csm, ha ancora una volta segnalato l'anomalia grave della lentezza dei processi. Quell'appello non dovrebbe essere rivolto anche al Parlamento?
"E' vero che Ciampi si è rivolto al Csm e quindi alla magistratura. Però, secondo me, in quel messaggio c'è una valenza implicita che non può non riguardare anche le Camere e lo stesso governo per ciò che concerne il loro impegno nell'adeguare i tempi della giustizia alle esigenze della società moderna e della corretta integrazione e interazione con gli altri paesi".
Lei non ritiene che le Camere, proprio per questo, debbano approvare a tutti i costi la ratifica di quel trattato?
"Sia ben chiaro che il problema dei tempi della giustizia è ben più vasto e complesso rispetto a quello dell'assistenza giudiziaria tra l'Italia e la Svizzera che, di per sé, costituisce solo un pannello nell'insieme dei tanti strumenti necessari. E tuttavia è un pannello importante per quello che riguarda la criminalità economica. Quindi vorrei augurarmi, con il fondamentale ottimismo al quale mi studio di ispirare i miei pensieri, che esista ancora questo spazio minimale per poter inserire l'argomento all'ordine del giorno dei lavori del Senato prima che palazzo Madama chiuda i battenti".

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Il Polo blocca le rogatorie battaglia a Palazzo Madama

Da Forza Italia 200 emendamenti per impedire la ratifica del trattato con la Svizzera

MILANO - Forza Italia affonda al Senato l'accordo ItaliaSvizzera sulle rogatorie internazionali. Per una giornata intera tiene sulla corda la maggioranza e lascia intravedere la possibilità di permettere il dibattito in aula e far passare l'articolo che consentirebbe al presidente della Repubblica di ratificare l'accordo. Ma poi si accorge che questo farebbe entrare in funzione tutte le novità sullo scambio rapido di informazioni bancarie e fa marcia indietro presentando 200 emendamenti. Ma le commissioni Giustizia ed Esteri di palazzo Madama si riuniranno ancora stamattina (il presidente Pinto le ha convocate per le 7,30) e non si può escludere che l'appello di Francesco Saverio Borrelli possa far riflettere la maggioranza.
"Quelle norme sono arrivate troppo tardi dalla Camera. Come si poteva pretendere che ce l'avremmo potuta fare in un solo giorno?": era questo ieri il commento del diessino Elvio Fassone che, per tutta la giornata, ha cercato un punto di mediazione con il gruppo dei Ds. E, a metà pomeriggio, sembrava quasi che il governo l'avesse spuntata. Fuori dal Senato, ad insistere era soprattutto il candidato premier Francesco Rutelli che, come per il pacchetto sicurezza, si era reso conto dell'importanza di segnare un altro punto a favore contro l'ostruzionismo del Polo.
Per qualche ora, pur criticando in modo assai aspro il trattato, Forza Italia ha dato l'impressione di volere un compromesso. Mario Greco ha proposto di votare solo il primo articolo che avrebbe consentito la ratifica dell'accordo, ma senza far passare anche la sua pratica traduzione. Si sarebbe detto sì ai principi, tipo quello di interrogare i testi per videoconferenza, ma senza poi poterlo fare perché la nostra legge non lo consente.
La maggioranza è stata molto tentata di accettare e i presidenti Mancino e Violante hanno verificato se la Camera ce l'avrebbe fatta a rivotare il testo modificato. Ma Forza Italia ha fatto marcia indietro. O meglio, il capogruppo La Loggia ha rimproverato Greco per la sua proposta e l'ha ritirata. Ai forzisti quel trattato che farebbe scoprire più in fretta i passaggi di denaro in Svizzera non va proprio giù. Inevitabilmente, il pensiero corre ai tanti processi di Milano contro Berlusconi, Previti e gli uomini della Fininvest. Ma la giustificazione ufficiale è tutt'altra: il trattato, siglato nel ‘98, contrasterebbe con il giusto processo perché violerebbe il principio del contraddittorio.

(l.mi.)