Stampa del  20 Marzo 2001

Bossi
"Silvio mafioso? Un pm mi mentì"

MILANO

Dopo averlo chiamato Berluskaz, Berluskaiser e soprattutto "mafioso di Arcore", Umberto Bossi spiega come ha fatto ad aggiustare il tiro, cancellare quelle accuse e a stringere l’alleanza con il Polo. Il mea culpa televisivo, lo recita a "Telelombardia", durante la registrazione del programma Iceberg: "Tutta colpa di un magistrato che mi era stato presentato da D’Alema. Ma poi io e Maroni capimmo che non c’erano prove e che era un gioco di sponda che cercavano di far passare attraverso di noi".
Chi sia quel magistrato, Umberto Bossi non lo ha mai voluto dire. Nemmeno se fosse allora in servizio alla procura di Palermo. Ma ancora oggi ripete che era uno che aveva cercato di "imbrogliare" con l’ausilio di tanti libri e tante chiacchiere su Berlusconi emissario dei mafiosi e sulla provenienza dei soldi alla base dell’impero del leader di Forza Italia. E che se il centrosinistra è a questo punto "è perchè sente che sta perdendo le elezioni. Anche se io sono saggio e dico che sarà una campagna elettorale durissima".
Durissima, ma non gradita al leader della Lega che si lamenta delle troppe accuse personali e della troppo scarsa informazione politica sui programmi: "Meglio un "Satyricon" di meno e uno spazio informativo in più". Ma anche questo, per il numero uno del Carroccio fa parte di una strategia della sinistra: "A me non interessa se Rutelli è un pannellista ... Preferisco parlare di politica, del ruolo del Parlamento che i nazisti rossi vogliono delegittimare".
In gioco, e lo ha ripetuto in mille comizi e in altrettanti lo ripeterà da oggi al 13 maggio, ci sono le elezioni italiane ma pure il futuro dell’Europa: "Da una parte c’è il centrosinistra che vuole l’Europa sovietica delle lobbies, dall’altra ci siamo noi che vogliamo l’Europa dei popoli. Dove siano i popoli e il Parlamento a contare di più". Quindi, armi in spalla, e via ai referendum contro la legge sul federalismo fatta passare dal governo in zona Cesarini, il giorno prima lo scioglimento delle Camere: "Dall’8 aprile torneranno i nostri gazebo. Nel testo approvato, ci sono solo tre righe lasciate alle competenze delle Regioni. Tutto il resto è andato allo Stato o alla commissione europea".
C’è tempo anche per una punzecchiatura di spillo con Pierferdinando Casini, l’alleato del Ccd che ultimamente aveva preso di petto Bossi per la sua proposta di aumentare i controlli degli immigrati alle frontiere: "Casini parla perché deve dimostrare di esistere. Alla Lega ci penso io". E poi, rispiega la sua proposta: "Non ho mai parlato di muri, che quelli li hanno sempre voluti i comunisti. Ho detto che non si possono aprire le frontiere a tutti e rinunciare alla legalità". Casini, da Roma, non rilancia: "Non intendo alimentare polemiche tra alleati, per cui non rispondo a Bossi - dice -. Ma la cosa lievemente ridicola è che i vecchi Dc si lamentano con me perché non li voglio candidare, e Bossi mi rimprovera esattamente del contrario"

Repubblica del  20-03-2001

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Bossi attacca i magistrati immigrati, lite con Casini

"Grandi giudici dicevano che Berlusconi era mafioso" la polemica

MILANO - Perché la Lega tra il ‘95 e il ‘98 attaccò a tutto campo Silvio Berlusconi, nei comizi, con manifesti e perfino con un libro, chiedendo esplicitamente da dove venissero i soldi del Cavaliere, e oggi invece fa quadrato in sua difesa? Umberto Bossi ad Iceberg, una trasmissione di Telelombardia, risponde sostenendo di essere stato tratto in inganno da Massimo D'Alema e da un famoso magistrato. A chi alla fine della registrazione tv gli chiede chi fosse il magistrato Bossi risponde: "Nomi non ne faccio", ma parla di un "famoso pm".
Il caso esplode quando, incalzato da Gianni Barbacetto, del Diario, che gli chiede conto di un libro edito dalla Lega Nord qualche anno fa, in cui si attaccava Berlusconi con argomenti non dissimili da quelli usati poi nel libro di Marco Travaglio, il leader leghista sbotta: "Ci fu un momento in cui ero portato a credere che Berlusconi aveva collusioni con la mafia perché c'era una spinta politica che veniva da magistrati tra i più famosi. Invece le prove non c'erano, era un gioco di sponda che passava attraverso di noi. A un certo punto io e Maroni capimmo che il famoso magistrato era un grandissimo str.... Certamente siamo caduti in questa trappola". "Atti di superficialità", li chiama Bossi e insiste: "Fu D'Alema a portarci i magistrati".
L'uscita di Bossi è plateale ma non inedita. Infatti venerdì 16 marzo in un commento sulla Padania aveva dichiarato: "A noi per dare più credibilità alle loro diffamazioni, le facevano confermare da pubblici ministeri famosi". Sempre polemizzando intorno a Satyricon e alla provenienza dei soldi berlusconiani Bossi si è chiesto: "Fui il primo a fare domande e certe cose a Berlusconi le ho dette in faccia. La sinistra invece? Perché prima ha cercato di fare inciuci con Berlusconi e ora si comporta così?". In qualsiasi caso Bossi dà una "sua" risposta al problema: "La prova provata che Berlusconi non ha la mafia alle spalle è il gran numero di processi intentati contro di lui...", intendendo che chi è legato al potere dovrebbe avere le spalle coperte. Risultato della filippica bossiana è che "le cose serie non si fanno fare ai pagliacci in tv", e "Berlusconi dovrebbe decidersi a portare in tribunale questa gente". Nella trasmissione in onda stasera Bossi polemizza sull'immigrazione con l'alleato Casini che al congresso del Biancofiore lo aveva attaccato più o meno velatamente ("Casini ha bisogno di far vedere che esiste") e ha annunciato per l'8 di aprile una raccolta di firme contro la legge sul federalismo.
(g.p.)